martedì 1 settembre 2015

SCENARI FUTURI PER LE BIOTECNOLOGIE


Dall’esame della bibliografia in mio possesso è emerso come l’energia rinnovabile sia un settore in continua crescita trainata dal carro delle bio-energie agricole. Se ciò accade è perché vi è un forte traino economico. La bioenergia in agricoltura è innanzitutto un buon affare per le agricolture iper-sovvenzionate e sovra-produttive dei paesi sviluppati che potranno smaltire le eccedenze senza dover pagare per la loro distruzione o per mantenere i terreni improduttivi. Per le agricolture dei paesi in via di sviluppo che avranno nuovi articoli d’esportazione, per un mercato a aumento esponenziale della domanda sotto la spinta dei trattati di Kyoto.
 Si prevedono così tempi se possibile ancora più duri per le foreste primarie pluviali rimaste al mondo che rischiano di rimanere schiacciate dalle colture oleaginose di soia e palma come oleaginose e canna da zucchero e forse manioca e sago per etanolo in un prossimo futuro. Questo traino economico ancora non è cosi forte da gonfiare le veli delle colture algali da energia nonostante vi siano ottime promesse sotto molti aspetti.
 Indubbiamente le bioenergie e le colture energetiche se ben usate possono aiutare a migliorare il nostro futuro. In un mondo dove il 70% delle persone è a rischio denutrizione s’auspica che per le colture da energia vengano utilizzati i terreni improduttivi e marginali salvandoli dall’erosione. Per far ciò bisogna privilegiare le colture low input soprattutto nei paesi tropicali. Ma è un dato di fatto che oggi le maggiori colture energetiche sono ad alto input. Con bilanci energetici molto contraddittori a seconda degli analisti.
Qualcosa adesso si muove per le low input nel caso specifico della jatropha e in parte del ricino, di cui grandi piantagioni stanno per essere impiantate nei paesi africani a clima arido e semi arido. Anzi per la jatropha nei prossimi anni è attesa un incremento esponenziale di superficie colturale in Africa soprattutto ma anche in Asia e Sud America. A patto che sia messo in prevalenza l’aspetto di ripristino ambientale e lotta all’erosione e alla desertificazione su quello meramente economico il giudizio sulla jatropha e le low input ai tropici è assolutamente positivo per le peculiarità di protezione dall’erosione che hanno.
Le neglected crops vivono di nuovo interesse dopo secoli d’abbandono e dato l’utilizzo no food del bioenergico saranno una realtà in espansione nel futuro. Le Areaceae soprattutto sono eccellenti foto-sintetizzatrici e molte di loro hanno grande potenziale che aspetta solo d’essere valorizzato.
Le piante da biomassa sono una realtà in crescendo come colture di ripristino ambientale adoperandole come bio-accumulatori di metalli pesanti ed elementi tossici all’uomo in suoli compromessi. Il pioppo, il salice, l’eucalipto ad esempio tipiche piante da Short Rotation Forestry sono grandi accumulatori di metalli pesanti e degradatici d’idrocarburi, come molte piante erbacee come la salicornia crescono in terreni acquitrinosi con acque reflue industriali e liquami zootecnici se pretrattati.  Sono quindi integrate in sistemi di fito-depurazione d’acque reflue (Apat, 2006) e di ripristino di terreni fortemente inquinati come la lesquerella usata nei terreni inquinati da selenio (Usda, 1999).
Le nuove tecnologie di trasformazione della biomassa fanno ipotizzare una crescita molto alta per le colture da biomassa pura, cellulosiche e lignino-cellulosiche erbacee o short rotation foresty (Apat, 2006).  Le Shr in Europa sembra abbiano ottimi bilanci energetici e sono in espansione soprattutto in Nord Europa.

Le colture cellulosiche saranno usate sempre più per il bioetanolo che ha ora un buon bilancio energetico (55%). Si prevede anche uno sviluppo delle colture cerealicole da energia o comunque non si prevede una diminuzione dei terreni loro assegnati.
 Il nuovo processo Ibetech (Apat, 2006) in particolare sembra in grado di estrarre dalla biomassa passaggio dopo passaggio olio, proteine, crusca e infine rimangono gli zuccheri da usare per il bioetanolo. Ciò favorirà le cerealicole e gli pseudocereali (quinoa, amaranto, miglio, panico) così come le colture foraggiere (alfa-alfa, erba medica, lupino, switchgrass, elephantgrass). Il biogas si è dimostrato essere, una realtà affidabile, per tutte le aziende zootecniche e già adesso è impiegato con successo in pianura Padana (Coldiretti, 2007).
Le alghe trarranno benefici dalle nuove tecnologie di trasformazione della biomassa e dal perfezionamento della liquificazione e della massificazione sia in termini d’efficienza energetica che in termini di costi. In tal modo si spera s’inizierà a dimostrare interesse nei loro riguardi.

In particolare la tecnologia di “coal microalgae-cofiring” già adesso è molto conveniente e data la tendenza mondiale di convertire le centrali termoelettriche a carbone per diminuire la dipendenza dal petrolio e dal gas naturale si presume che possa in un prossimo futuro essere di norma nei nuovi impianti.
Nei paesi sottosviluppati o nelle zone isolate rurali di molte zone del nostro pianeta le bioenergie possono promuovere l’autosufficienza energetica. Se ciò accadrà si potranno avere risvolti molto interessanti, con le comunità rurali che rompono i cordoni della dipendenza in questo delicato settore e potrebbero con questa energia migliorare il loro livello di vita. L’uso integrato delle conoscenze bio-energiche in biosistemi socio-economici anche se mi sembra alquanto azzardata come idea è decisamente affascinante.
In sintesi in tali sistemi si raggiunge un tasso elevatissimo di riciclo della materia e dell’energia, senza quasi adoperare i flussi energetici ausiliari con l’uso integrato di colture da cibo e da bioenergia, allevamento, biogas da digestori, algacoltura, pescicoltura.
Tutto in un regime d’agro-forestry. Tali sistemi potrebbero essere adoperati dalle Ong per i loro programmi di sviluppo nelle aree marginali dei Pvs. In tal modo la comunità di villaggio potrebbe riavere la propria autosufficienza e riacquistare la centralità perduta nel sistema sociale allontanando l’esodo dei giovani verso la città e le aree urbanizzate in preda a sovrappopolazione con i disagi ambientali e sociali che conosciamo.
Alle nostre latitudini i reflui zootecnici e i canali di scolo irrigui possono essere adoperati, tal quali o dopo l’uso per il biogas, usati per alimentare con la loro alta concentrazione d’azoto e fosforo la produzione di biomassa algale oleaginosa in apposite vasche e bio-reattori da cui potrebbe essere estratta la frazione lipidica da usare per alimentari generatori d’energia elettrica e la trazione agricola decentrata portando alla nascita di “bio-raffinerie” .
Concludo ricordando che l’energia rinnovabile da sola non potrà mai soddisfare i nostri fabbisogni energetici e che alla base vi deve essere un cambiamento dei nostri stili di vita che devono divenire sostenibili per la nostra grande madre malata, la Terra.


G.N.

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