Un'altra passione fortemente legata all'etnobotanica, che
ho avuto modo di sviluppare durante i miei viaggi, è quella di prendere nota di
tutte le nozioni relative ai fiori eduli con cui sono entrato in contatto.
Nel corso dei secoli i fiori hanno avuto un ruolo
importante nelle diverse gastronomie del mondo, e usarli per guarnire un piatto
o una bevanda è sempre stata una “ricercatezza”.
Il Vecchio Testamento, il Corano e molti altri documenti
religiosi, contengono dettagli circa le qualità “gastronomiche” di alcuni
fiori. Nelle diverse epoche si sono usati, per le occasioni speciali, i petali
di rosa; gli antichi romani li utilizzavano assieme alle violette per profumare
e insaporire le pietanze servite nei banchetti, mentre nella Londra di
Shakespeare, durante gli spettacoli teatrali, era sorseggiata acqua di rose o
liquore aromatizzato con garofani.
Sempre con l’essenza di quest’ultimo fiore, l’imperatore
Carlo Magno amava ingentilire il vino, mentre i nomadi del Sahara, dopo un
lungo e polveroso viaggio nel deserto, per rinfrescare il palato, e lavare mani
e viso, offrivano acqua al fior d'arancio.
Virginia Galilei, figlia di Galileo, suora in un convento
di Arcetri, ricorda la delicata marmellata di fiori di rosmarino. Ma fu durante
il regno di Elisabetta I , che nelle macedonie di frutta vennero “apprezzate”
le primule.
E' stata la gastronomia italo-messicana a creare i fiori
di zucca ripieni
e nel Nuovo Mondo,
i padri pellegrini usavano le violette per aromatizzare l'aceto, e le calendule
per insaporire i brodi di carne.
In Occidente, i fiori hanno rappresentato sopratutto
patrimonio dell'erboristeria, eccetto alcune ricette come l'insalata di
crisantemi milanese o il riso alla malva veneto. Invece in Oriente, in quei
paesi particolarmente poveri di apporti proteici e sali minerali, hanno
valorizzato al massimo la ricchezza del mondo vegetale. Il cibo è un tutto
armonico tra natura, ambiente e umanità. Nella tradizione gastronomica cinese
sono esaltate, da oltre sei secoli, le qualità aromatiche di crisantemi, gigli
e fiori di loto. Mentre nella tradizione della cucina vegetariana giapponese,
per integrare le carenze vitaminiche patite d'inverno, c'era l'uso in primavera
d'andare per i campi a cercare le "sette erbe" (Sorini, 2010).
Nei paesi poveri o
in via di sviluppo delle diverse zone tropicali e subtropicali i fiori, di
piante spontanee o coltivate, rivestono una grande importanza commerciale per
gli addobbi e largo interesse nell’alimentazione non soltanto come complemento
della dieta ma spesso anche come fonte di sopravvivenza. Inoltre, nelle aree
agricole situate in zone disagiate
collegate ai mercati da strade difficoltose, le piante da fiori vengono
coltivate negli orti o in modeste
appezzamenti attorno alle abitazioni ed
ai villaggi e quindi essere facilmente disponibili per le popolazioni locali.
Per il valore nutrizionale e per l’adattamento alle
condizioni climatiche dei paesi tropicali e subtropicali, i fiori tradizionali
possono inoltre contribuire significativamente alla sicurezza alimentare, che
costituisce un prerequisito fondamentale per tutte le forme di sviluppo.
Secondo alcuni autori, i fiori tradizionali rientrano tra
le categorie di piante erbacee arbustive o arboree usate per abitudine e
tradizione dalle comunità rurali e urbane. In diverse zone, prima
dell’introduzione di specie “esotiche”, essi venivano consumati ampiamente,
soprattutto in periodi di carestia.
La maggior parte
di questi fiori veniva raccolta spontaneamente oppure coltivata come “intercrop” (in consociazione) con le
ortive di base, ma potevano anche essere indirizzati verso i mercati urbani ed
extraurbani.
I fiori eduli possiedono importanti caratteristiche tra
le quali si evidenziano: il valore
nutritivo il valore ecologico,
il valore agronomico o di biodiversità,
la sicurezza alimentare, il valore culturale e altre possibilità di impiego per gli agricoltori.
Più avanti nel testo sarà trattata ognuna di queste nello
specifico mentre per il momento ci si limita a sottolineare come i fiori
tradizionali siano una importante risorsa alimentare in zone dove non siano
disponibili o scarsamente coltivabili molte specie alimentari, contribuendo
sostanzialmente all’apporto di sali minerali e vitamine.
Vengono consumati in abbinamento agli alimenti a base di
amido e possono migliorare la qualità della nutrizione nelle aree rurali o
urbane dove la malnutrizione è diffusa, con un costo inferiore a quello delle
specie esotiche. Molte specie di fiori ampliano sicuramente il ventaglio di
scelta dei prodotti alimentari e sono
accessibili alle comunità a basso
reddito. Inoltre il loro utilizzo dalla flora spontanea li rende molto utili
nei programmi di immediato sostegno alimentare.
L’uso di queste piante da fiore è parte integrante del
patrimonio culturale delle popolazioni locali ed ha sempre giocato un
ruolo importante nelle tradizioni e nel mantenimento delle strutture sociali,
anche a livello familiare.
Infine, se il potenziale dei fiori tradizionali
fosse riconosciuto e valorizzato con politiche e mezzi di produzione
appropriati, essi potrebbero generare dei ritorni di “cash” che invoglierebbero
gli agricoltori ad impegnare maggiormente la forza lavoro in queste produzioni,
generando possibilità di impiego, soprattutto a favore delle
donne.
Purtroppo, nonostante queste caratteristiche positive la
ricerca in questo comparto è stata spesso trascurata per numerose ragioni,
quali la scarsa richiesta del prodotto, l’importanza molto localizzata (a
livello di comunità o regioni) o stagionale, il cambiamento dei modelli
alimentari, il grande numero di specie selvatiche o addirittura infestanti (per
cui tendono ad essere eradicate invece che conservate) e la carenza di
conoscenze soprattutto sul loro valore nutritivo, sui metodi di produzione,
conservazione e utilizzazione.
Negli ultimi anni però si è riconosciuta la loro
importanza e diversi paesi tentano di
portare avanti dei programmi di ricerca a loro dedicata.
In prima fila vi è il Messico che partendo sulle consolidate
basi delle conoscenze indigene tradizionali e su una biodiversità unica al
mondo da anni sta portando avanti con i suoi centri universitari ricerche
mirate a riscoprire questa risorsa e a valorizzarne il lato commerciale e
industriale.
Sebbene tali programmi di ricerca mirati sulle
possibilità di coltivazione di piante da fiore riconoscano tutte le
problematiche legate a queste colture, la capacità di risolverle è spesso
ostacolata dalla mancanza di risorse, attrezzature e personale qualificato
soprattutto in taluni settori come per esempio quello della coltura in vitro e
sviluppo del vivaismo.
G.N
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