martedì 16 dicembre 2014

I FIORI EDULI


Un'altra passione fortemente legata all'etnobotanica, che ho avuto modo di sviluppare durante i miei viaggi, è quella di prendere nota di tutte le nozioni relative ai fiori eduli con cui sono entrato in contatto.
Nel corso dei secoli i fiori hanno avuto un ruolo importante nelle diverse gastronomie del mondo, e usarli per guarnire un piatto o una bevanda è sempre stata una “ricercatezza”.


Il Vecchio Testamento, il Corano e molti altri documenti religiosi, contengono dettagli circa le qualità “gastronomiche” di alcuni fiori. Nelle diverse epoche si sono usati, per le occasioni speciali, i petali di rosa; gli antichi romani li utilizzavano assieme alle violette per profumare e insaporire le pietanze servite nei banchetti, mentre nella Londra di Shakespeare, durante gli spettacoli teatrali, era sorseggiata acqua di rose o liquore aromatizzato con garofani.
Sempre con l’essenza di quest’ultimo fiore, l’imperatore Carlo Magno amava ingentilire il vino, mentre i nomadi del Sahara, dopo un lungo e polveroso viaggio nel deserto, per rinfrescare il palato, e lavare mani e viso, offrivano acqua al fior d'arancio.
Virginia Galilei, figlia di Galileo, suora in un convento di Arcetri, ricorda la delicata marmellata di fiori di rosmarino. Ma fu durante il regno di Elisabetta I , che nelle macedonie di frutta vennero “apprezzate” le primule.
E' stata la gastronomia italo-messicana a creare i fiori di zucca ripieni
 e nel Nuovo Mondo, i padri pellegrini usavano le violette per aromatizzare l'aceto, e le calendule per insaporire i brodi di carne.
In Occidente, i fiori hanno rappresentato sopratutto patrimonio dell'erboristeria, eccetto alcune ricette come l'insalata di crisantemi milanese o il riso alla malva veneto. Invece in Oriente, in quei paesi particolarmente poveri di apporti proteici e sali minerali, hanno valorizzato al massimo la ricchezza del mondo vegetale. Il cibo è un tutto armonico tra natura, ambiente e umanità. Nella tradizione gastronomica cinese sono esaltate, da oltre sei secoli, le qualità aromatiche di crisantemi, gigli e fiori di loto. Mentre nella tradizione della cucina vegetariana giapponese, per integrare le carenze vitaminiche patite d'inverno, c'era l'uso in primavera d'andare per i campi a cercare le "sette erbe" (Sorini, 2010).
Nei  paesi poveri o in via di sviluppo delle diverse zone tropicali e subtropicali i fiori, di piante spontanee o coltivate, rivestono una grande importanza commerciale per gli addobbi e largo interesse nell’alimentazione non soltanto come complemento della dieta ma spesso anche come fonte di sopravvivenza. Inoltre, nelle aree agricole situate in zone  disagiate collegate ai mercati da strade difficoltose, le piante da fiori vengono coltivate  negli orti o in modeste appezzamenti   attorno alle abitazioni ed ai villaggi e quindi essere facilmente disponibili per le popolazioni locali.
Per il valore nutrizionale e per l’adattamento alle condizioni climatiche dei paesi tropicali e subtropicali, i fiori tradizionali possono inoltre contribuire significativamente alla sicurezza alimentare, che costituisce un prerequisito fondamentale per tutte le forme di sviluppo.
Secondo alcuni autori, i fiori tradizionali rientrano tra le categorie di piante erbacee arbustive o arboree usate per abitudine e tradizione dalle comunità rurali e urbane. In diverse zone, prima dell’introduzione di specie “esotiche”, essi venivano consumati ampiamente, soprattutto in periodi di carestia.
 La maggior parte di questi fiori veniva raccolta spontaneamente oppure coltivata come “intercrop” (in consociazione) con le ortive di base, ma potevano anche essere indirizzati verso i mercati urbani ed extraurbani.
I fiori eduli possiedono importanti caratteristiche tra le quali si evidenziano: il valore nutritivo il valore ecologico, il valore agronomico o di biodiversità, la sicurezza alimentare, il valore culturale e altre possibilità di impiego per gli agricoltori.
Più avanti nel testo sarà trattata ognuna di queste nello specifico mentre per il momento ci si limita a sottolineare come i fiori tradizionali siano una importante risorsa alimentare in zone dove non siano disponibili o scarsamente coltivabili molte specie alimentari, contribuendo sostanzialmente all’apporto di sali minerali e vitamine.
Vengono consumati in abbinamento agli alimenti a base di amido e possono migliorare la qualità della nutrizione nelle aree rurali o urbane dove la malnutrizione è diffusa, con un costo inferiore a quello delle specie esotiche. Molte specie di fiori ampliano sicuramente il ventaglio di scelta dei prodotti alimentari  e sono accessibili  alle comunità a basso reddito. Inoltre il loro utilizzo dalla flora spontanea li rende molto utili nei programmi di immediato sostegno alimentare.
L’uso di queste piante da fiore è parte integrante del patrimonio culturale delle popolazioni locali ed ha sempre giocato un ruolo importante nelle tradizioni e nel mantenimento delle strutture sociali, anche a livello familiare.
Infine, se il potenziale dei fiori tradizionali fosse riconosciuto e valorizzato con politiche e mezzi di produzione appropriati, essi potrebbero generare dei ritorni di “cash” che invoglierebbero gli agricoltori ad impegnare maggiormente la forza lavoro in queste produzioni, generando possibilità di impiego, soprattutto a favore delle donne.
Purtroppo, nonostante queste caratteristiche positive la ricerca in questo comparto è stata spesso trascurata per numerose ragioni, quali la scarsa richiesta del prodotto, l’importanza molto localizzata (a livello di comunità o regioni) o stagionale, il cambiamento dei modelli alimentari, il grande numero di specie selvatiche o addirittura infestanti (per cui tendono ad essere eradicate invece che conservate) e la carenza di conoscenze soprattutto sul loro valore nutritivo, sui metodi di produzione, conservazione e utilizzazione.
Negli ultimi anni però si è riconosciuta la loro importanza e diversi  paesi tentano di portare avanti dei programmi di ricerca a loro dedicata.
In prima fila vi è il Messico che partendo sulle consolidate basi delle conoscenze indigene tradizionali e su una biodiversità unica al mondo da anni sta portando avanti con i suoi centri universitari ricerche mirate a riscoprire questa risorsa e a valorizzarne il lato commerciale e industriale.   
Sebbene tali programmi di ricerca mirati sulle possibilità di coltivazione di piante da fiore riconoscano tutte le problematiche legate a queste colture, la capacità di risolverle è spesso ostacolata dalla mancanza di risorse, attrezzature e personale qualificato soprattutto in taluni settori come per esempio quello della coltura in vitro e sviluppo del vivaismo.


 G.N

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