Con il termine "biocombustibili"
per autotrazione s’indicano tutte le sostanze idonee ad essere utilizzate nei
processi di combustione dei motori e ottenute da prodotti vegetali, quindi
rinnovabili su base annuale o pluriennale. Ora i principali bio-combustibili liquidi
utilizzabili al posto dei tradizionali carburanti d’origine fossile sono il
biodiesel, prodotto per transisterificazione d’oli vegetali e il bio-etanolo,
prodotto per fermentazione di substrati contenenti zuccheri o amidi e
successiva distillazione.
L’utilizzo di questi biocombustibili porta a
molteplici vantaggi: consentono di tagliare le importazioni di petrolio da
altri paesi riducendo la nostra dipendenza dai combustibili fossili; consentono
la riduzione dell’immissione in aria di tonnellate di CO2, il principale gas responsabile dell’effetto serra, con la
restituzione all’atmosfera della sola anidride carbonica che le piante hanno
utilizzato durante la loro crescita; hanno una maggiore stabilità dei prezzi
rispetto a combustibili d’origine fossile; infine portano ad un maggiore
sostentamento delle zone rurali.
Situazione legislativa
Sia a livello italiano che europeo il quadro legislativo
riguardante, la produzione e la commercializzazione dei biocombustibili è in
continua evoluzione.
A livello comunitario, l’Unione Europea si è posta
l’obiettivo di incrementare il consumo dei biocombustibili nei trasporti dallo
0,3% del 2005 al 5,75% entro il 2010, attraverso la direttiva 2003/30/CE. In Italia questa
direttiva è stata accolta con il D.lg. n. 128 del 13/7/2005 (in G.U. il 12/7/2005, n. 160), ma è oggetto
d’opinioni contrastanti.
Questo provvedimento normativo stabilisce che
una percentuale prefissata di tutto il carburante impiegato per i trasporti
deve essere sostituito con biocarburanti e altri prodotti rinnovabili, ma gli
obiettivi nazionali d’immissione al consumo di biocarburanti sono del 2,5% entro il 31/12/2010,
significativamente inferiori ai valori stabiliti dalla direttiva europea
(Hi-tech ambiente, 2006).
In particolare l’Italia ha
tagliato di un terzo la detassazione per la produzione di biodiesel approvando
200.000 t nel 2005, contro le 320.000 t approvate nel 2004, in netta
controtendenza rispetto agli altri paesi dell’UE.
In Francia infatti il governo ha
deciso di aumentare la produzione fino alla quota di 1,25 milioni di tonnellate
nel 2007, agevolando la produzione con tasse sulle attività inquinanti e
aumentando progressivamente il contingente di biodiesel prodotto, che permette
lo sviluppo di nuove realtà industriali produttive.
Invece in Germania gli incentivi
sono fiscali e prevedono una completa detassazione del biodiesel (470 Euro/m³)
senza limitazioni di volume.
In Austria è stata recentemente introdotta una
nuova legge che penalizza l’uso del gasolio d’origine fossile aumentandone la
tassa dai 317 Euro/m³ ai 325 Euro/m³ e detassandolo nel caso di gasolio a
basso contenuto di zolfo e se aggiunto per più del 4,4 % di biodiesel.
Tuttavia in Italia la riduzione
del contingente di biodiesel detassato è compensata dalla produzione di
bio-etanolo, approvato per oltre 79.390 t per i prossimi tre anni.
Affinché i biocarburanti siano competitivi per il mercato,
devono essere privi delle normali accise presenti sui prodotti petroliferi
(sembra un controsenso, ma anche i combustibili d’origine vegetale sono
soggetti da parte dello stato alle accise sui prodotti petroliferi), perché
hanno un maggiore costo di produzione, ricompensato con i maggiori benefici che
si hanno col loro utilizzo.
In Europa spicca fra tutte la Svezia, dove il primo
ministro Mona Sahlin ha lanciato un ambizioso progetto: creare le condizioni
necessarie affinché il paese sia in grado di fare totalmente a meno del
petrolio entro il 2020.
Per far ciò sono
stati indicati una serie d’interventi, fra i quali: sgravi fiscali per la
conversione di vecchi impianti funzionanti a petrolio, promuovere la ricerca
sulle fonti di energia rinnovabile, investire nel tele-riscaldamento (tecnica
che permette di recuperare il calore residuo dalle centrali termoelettriche e
dai termo-valorizzatori), favorire l’utilizzo di biocarburanti.
L’istituto tedesco CES-IFO di Monaco ha eseguito uno
studio sugli effetti socio-economici ottenuti dalla produzione del biodiesel
attraverso la coltivazione della colza.
Ipotizzando di coltivare 300.000 ettari di terreno con la
colza, si otterrebbe una resa teorica di 3 t/ha, quindi 900.000 t/anno di semi
di colza che elaborati porterebbero a 531.000 t di pannello proteico (residui
di lavorazione sfruttabili in altri settori) e più di 350.000 t d’olio di
colza, che porterebbe ad ottenere 336.300 t di biodiesel (corrispondenti a
circa 858.000 t di CO2 non emessa) e 40.356 t di glicerina
(riutilizzabili nel settore farmaceutico).
Secondo questo
studio si potrebbero creare fino a 5.000 nuovi posti di lavoro (uno ogni 70
t/anno). Inoltre, i minori introiti statali derivati dalla defiscalizzazione
del biocarburante sarebbero compensati per il 70% dalla tassazione dell’aumento
del fatturato totale indotto dalla produzione.
Il resto potrebbe essere considerato come un vantaggio
sociale e ambientale acquisito, corrispondente ai mancati costi per
mantenimento di beni preziosi come la salute, il territorio e per rispettare
gli impegni stabiliti a livello internazionale per la riduzione dei gas in
atmosfera (Biofox, 2006).
G.N.
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