domenica 25 gennaio 2015

I BIOCOMBUSTIBILI

Con il termine "biocombustibili" per autotrazione s’indicano tutte le sostanze idonee ad essere utilizzate nei processi di combustione dei motori e ottenute da prodotti vegetali, quindi rinnovabili su base annuale o pluriennale. Ora i principali bio-combustibili liquidi utilizzabili al posto dei tradizionali carburanti d’origine fossile sono il biodiesel, prodotto per transisterificazione d’oli vegetali e il bio-etanolo, prodotto per fermentazione di substrati contenenti zuccheri o amidi e successiva distillazione.
L’utilizzo di questi biocombustibili porta a molteplici vantaggi: consentono di tagliare le importazioni di petrolio da altri paesi riducendo la nostra dipendenza dai combustibili fossili; consentono la riduzione dell’immissione in aria di tonnellate di CO2, il principale gas responsabile dell’effetto serra, con la restituzione all’atmosfera della sola anidride carbonica che le piante hanno utilizzato durante la loro crescita; hanno una maggiore stabilità dei prezzi rispetto a combustibili d’origine fossile; infine portano ad un maggiore sostentamento delle zone rurali.

Situazione legislativa

Sia a livello italiano che europeo il quadro legislativo riguardante, la produzione e la commercializzazione dei biocombustibili è in continua evoluzione.
A livello comunitario, l’Unione Europea si è posta l’obiettivo di incrementare il consumo dei biocombustibili nei trasporti dallo 0,3% del 2005 al 5,75% entro il 2010, attraverso la direttiva 2003/30/CE.  In Italia questa direttiva è stata accolta con il D.lg. n. 128 del 13/7/2005  (in G.U. il 12/7/2005, n. 160), ma è oggetto d’opinioni contrastanti.
Questo provvedimento normativo stabilisce che una percentuale prefissata di tutto il carburante impiegato per i trasporti deve essere sostituito con biocarburanti e altri prodotti rinnovabili, ma gli obiettivi nazionali d’immissione al consumo di biocarburanti sono del 2,5% entro il 31/12/2010, significativamente inferiori ai valori stabiliti dalla direttiva europea (Hi-tech ambiente, 2006).
In particolare l’Italia ha tagliato di un terzo la detassazione per la produzione di biodiesel approvando 200.000 t nel 2005, contro le 320.000 t approvate nel 2004, in netta controtendenza rispetto agli altri paesi dell’UE.
In Francia infatti il governo ha deciso di aumentare la produzione fino alla quota di 1,25 milioni di tonnellate nel 2007, agevolando la produzione con tasse sulle attività inquinanti e aumentando progressivamente il contingente di biodiesel prodotto, che permette lo sviluppo di nuove realtà industriali produttive.
Invece in Germania gli incentivi sono fiscali e prevedono una completa detassazione del biodiesel (470 Euro/m³) senza limitazioni di volume.
In Austria è stata recentemente introdotta una nuova legge che penalizza l’uso del gasolio d’origine fossile aumentandone la tassa dai 317 Euro/m³ ai 325 Euro/m³ e detassandolo nel caso di gasolio a basso contenuto di zolfo e se aggiunto per più del 4,4 % di biodiesel.

Tuttavia in Italia la riduzione del contingente di biodiesel detassato è compensata dalla produzione di bio-etanolo, approvato per oltre 79.390 t per i prossimi tre anni.
Affinché i biocarburanti siano competitivi per il mercato, devono essere privi delle normali accise presenti sui prodotti petroliferi (sembra un controsenso, ma anche i combustibili d’origine vegetale sono soggetti da parte dello stato alle accise sui prodotti petroliferi), perché hanno un maggiore costo di produzione, ricompensato con i maggiori benefici che si hanno col loro utilizzo.
In Europa spicca fra tutte la Svezia, dove il primo ministro Mona Sahlin ha lanciato un ambizioso progetto: creare le condizioni necessarie affinché il paese sia in grado di fare totalmente a meno del petrolio entro il 2020.
Per far ciò sono stati indicati una serie d’interventi, fra i quali: sgravi fiscali per la conversione di vecchi impianti funzionanti a petrolio, promuovere la ricerca sulle fonti di energia rinnovabile, investire nel tele-riscaldamento (tecnica che permette di recuperare il calore residuo dalle centrali termoelettriche e dai termo-valorizzatori), favorire l’utilizzo di biocarburanti.
L’istituto tedesco CES-IFO di Monaco ha eseguito uno studio sugli effetti socio-economici ottenuti dalla produzione del biodiesel attraverso la coltivazione della colza.
Ipotizzando di coltivare 300.000 ettari di terreno con la colza, si otterrebbe una resa teorica di 3 t/ha, quindi 900.000 t/anno di semi di colza che elaborati porterebbero a 531.000 t di pannello proteico (residui di lavorazione sfruttabili in altri settori) e più di 350.000 t d’olio di colza, che porterebbe ad ottenere 336.300 t di biodiesel (corrispondenti a circa 858.000 t di CO2 non emessa) e 40.356 t di glicerina (riutilizzabili nel settore farmaceutico).
Secondo questo studio si potrebbero creare fino a 5.000 nuovi posti di lavoro (uno ogni 70 t/anno). Inoltre, i minori introiti statali derivati dalla defiscalizzazione del biocarburante sarebbero compensati per il 70% dalla tassazione dell’aumento del fatturato totale indotto dalla produzione.
Il resto potrebbe essere considerato come un vantaggio sociale e ambientale acquisito, corrispondente ai mancati costi per mantenimento di beni preziosi come la salute, il territorio e per rispettare gli impegni stabiliti a livello internazionale per la riduzione dei gas in atmosfera (Biofox, 2006).



G.N.




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