martedì 3 febbraio 2015

LA SITUAZIONE BIOENERGETICA IN ITALIA

L’Italia ha avuto un passato da pioniere per quel che riguarda i nuovi combustibili alternativi. La prima società italiana che si interessò nella produzione del biodiesel fu la Estereco di Umbertide nel 1993. Era un’azienda all’avanguardia, finanziata in parte dalla CEE in un progetto che prevedeva due impianti simili in Francia e Germania. Costata circa 10 miliardi (di cui circa 3 pubblici per il finanziamento europeo), produceva biocombustibili ecologici da materie agricole, in particolare produceva biodiesel per esterificazione dell’olio di colza e aveva una capacità produttiva di 30 mila tonnellate all’anno. Tuttavia questa trovò molti dissensi da parte di alcune case petrolifere che limitarono il suo sviluppo (Portanova, 2005). Le società che attualmente producono il biodiesel sono nove: la Comlube S.r.l. di Brescia, la DP Lubrificanti di Genova, la Fox Petroli S.p.A. di Pesaro, la GDR Biocarburanti di Cernusco sul Naviglio (MI), la Ital Bi Oil S.r.l. di Bari, la Mythen di Matera, la Novaoil di Milano, la Oil.b S.r.l. di Varese e la Redoil Italia S.p.A. di Napoli. Queste società sono raccolte in un’associazione, Assobiodiesel, che svolge attività istituzionali tutelando interessi di ordine economico, tecnico e sindacale dei singoli associati (www.assobiodiesel.it).  Tuttavia le capacità produttive di tali società sono ben superiori ai limiti di defiscalizzazione imposti dalla legge e oggi il biocarburante prodotto oltre la quota fissata paga le stesse imposte del gasolio. A livello comunitario, queste aziende produttrici sono raggruppate nell’EBB, European Biodiesel Board, che ne rappresenta gli interessi di fronte a tutti gli organismi internazionali. 
Oggi, tuttavia, con il cambiamento del quadro normativo rispetto alla commercializzazione del bioetanolo, si punta sempre di più allo sviluppo della produzione di questo biocarburante. Ne è un esempio la recente nascita di Alcoplus, il più importante polo italiano, nonché il quinto europeo, per la produzione di bioetanolo destinato all’uso come carburante alternativo. Questa società è nata a Faenza nel luglio del 2005 dalla joint venture sottoscritta da Alc.Este. S.p.A. per il 40% e da Caviro Sca per il 60%. Il suo obbiettivo è quello di diventare il più grande polo produttivo italiano di alcool etilico destinato alla biocarburazione. La struttura produttiva sarà composta inizialmente da due presidi industriali già operanti: la distilleria Alc.Este. di Ferrara e la distilleria Caviro di Faenza, che garantiranno una capacità produttiva di circa 120 milioni di litri di alcol annui, ponendo Alcoplus, fra i principali produttori europei fin dalla sua partenza. Secondo le stime svolte nella fase progettuale, Alcoplus dovrebbe essere in grado di fatturare circa 50 milioni di Euro all’anno. Per avviare la commercializzazione del bioetanolo, necessario per la produzione di Etbe (etil terbutil-etere) utilizzato come additivo ossigenato e antidetonante nelle benzine verdi, ha aderito alla Sibe (Società italiana bioetanolo), che rappresenta l’unica realtà italiana in grado di fornire bioetanolo alle società petrolifere. Alla Sibe, oltre ad Alcoplus, partecipano anche Ima con una distilleria, e Sedamyl, una Joint venture italo-belga (Collina, 2006; www.biofox.com).

G.N.

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