RICINO (Ricinus communis L.)
Famiglia
Euforbiaceae.
Classificazione (Usda,
2007).
Ricinus
communis L.
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Regno
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Plantae –
Piante
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Sottoregno
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Tracheobionta
–Piante vascolari
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Superdivisione
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Spermatophyta –
Piante a seme
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Divisione
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Magnoliophyta –
Piante a fiore
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Classe
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Magnoliopsida –
Dicotiledoni
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Sottoclasse
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Ordine
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Famiglia
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Genere
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Specie
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Origine e diffusione:
Si ritiene che il ricino sia originario
dell’Etiopia dove ancora oggi è presente allo stato selvatico. Esistono diversi
centri di diversificazione secondari in Asia.
Oggigiorno
la coltura è diffusa in molti paesi delle zone tropicali e subtropicali. I
paesi maggiori produttori sono India, Brasile e Cina esportatori d’olio verso
Usa, Giappone, Europa occidentale.
Gli
Usa, da tempo, evitano la coltura del ricino per problemi connessi al proprio
territorio , al mercato e sociali preferendo ricorrere all’importazione del
prodotto già lavorato (olio di ricino) e prospettano di diminuire l’entità di
questo import optando per la coltivazione in loco di colture sostitutive con
frazione lipidica simile al ricino ma più adattate al territorio come la lesquerella americana. In Sicilia e
nelle sue isole minori sono presenti allo stato selvatico piante di Ricino.
Queste piante da studi svolti dall’università di Catania per verificare la loro
attitudine per la produzione di biodiesel sono originarie dell’Abissinia e
diffuse in Italia durante il biennio fascista e l’occupazione italiana di parte
del Corno d’Africa.
Sistematica
e caratteristiche botaniche:
Il ricino (2n = 20) è
una dicotiledone annuale o perenne, a seconda della specie.
Allo stato spontaneo
e in condizioni favorevoli assume l’aspetto di un arbusto laticifero con grande
sviluppo sia della parte aerea che di quella radicale. Nelle zone temperate si
comporta, invece, come annuale, crescendo durante la stagione calda per morire
all’arrivo dei freddi invernali. Nelle zone temperato calde, come in Sicilia,
queste piante vegetano ottimamente in condizioni spesso proibitive,
semi-aride, su terreni sabbiosi e rocciosi come nelle Isole Eolie comportandosi
da perenni, in particolare rallentano la crescita durante la stagione invernale
per poi riprenderla a primavera (Osservazione diretta dell'autore, 2006).
Le piante
inselvatichite e la progenie, prelevata nell’isola di Vulcano, una volta in
coltivazione, non hanno dato segni patologici rilevanti, se non sottoforma di
cocciniglia scudettata a piastra poligonale (ceroplasta del fico, la ceroplastes rusci) e sporadiche macchie
da ragno rosso. I semi erano piantati in vasi con terriccio sabbioso,
germinando nella quasi totalità nel giro di due settimane.
L’apparato radicale appariva costituito principalmente da un
grosso e profondo fittone centrale lungo quasi quanto l’altezza della pianta.
Le radici secondarie si sviluppano orizzontalmente a partire dal colletto.
Il fusto è di colore rosso-violaceo con superficie rugosa non
sclerificata fuori e centralmente cavo con setti di separazione di consistenza
cartacea periodici che lo rendono morfologicamente simile per struttura interna
all’Arundo donax o canna comune
(fonte: osservazioni dell’autore, 2006). Le foglie sono lungamente picciolate,
lobate con 5-11 lobi ovali o acuti a volte con margini dentellati; nel
complesso le foglie raggiungono dimensioni notevoli con un diametro fino a
50-60 cm (Vecchio, 2000).Il colore è normalmente verde,violacee nella fase
giovanile. L’autore riporta l’osservazione diretta di due differenti tipologie
morfologiche tra piante a foglia grande e grandi dimensioni comuni nell’isola di
Vulcano e piante di piccole dimensioni e foglie ridotte diffuse a Lipari.
Nella letteratura
scientifica si dividono le varietà di ricino tra i tipi giganti tropicali
tolleranti alla siccità e i tipi bassi più produttivi ma per zone temperate e
irrigue. Il ricino è solitamente una pianta monoica e allogama; le
infiorescenze (racemo) terminali o ascellari portano numerosi fiori. L’impollinazione è di tipo anemofilo. Il frutto è una capsula globosa, lunga 2-3
cm, triloculare, spinosa o inerme deiscente a maturità; le cultivar oggi
utilizzate sono praticamente indeiscenti anche per consentire la raccolta
meccanica. In ogni loggia della capsula è contenuto un seme ovoidale,
dorsalmente compresso, di colore bianco grigiastro con fitte marmorizzazioni
rosso-brune, dotato di caruncola; la sua lunghezza varia tra 1 e 1,5 cm, il
peso tra 0,25 e 0,35 grammi.
I tegumenti seminali
sono coriacei ma fragili; l’interno è costituito da un endosperma ricchissimo
in olio (dal 40 al 56%) e da due cotiledoni sottili cartacei (Vecchio, 2000).
Ciclo biologico.
Da tre mesi a 6
mesi a seconda della varietà e delle condizione agro-climatiche (Vecchio,
2000).
Ecologia.
Pianta tropicale e
mediterranea sensibile al freddo. Temperature basse rendono la pianta più
sensibile alle fitopatie e allungano il ciclo e anche diluiscono il contenuto
d’olio. Sotto i 2 gradi muore la pianta. A 5 gradi perde le foglie. La
temperatura minima di vegetazione è 10-12 gradi. Vuole molta luce solare.
Richiede 250-300 mm d’acqua dall’emergenza alla fioritura.
Il ricino
nonostante richieda 400 pari d’acqua per formare una parte di sostanza secca è
pianta con una certa arido-tolleranza per il suo apparato radicale molto
sviluppato e per la presenza di pruina sull’epidermide che ne permettono la
coltivazione in aree marginali. Climi caldo umidi comportano grande sviluppo vegetativo a scapito della
resa in seme. Suoli troppo fertili procurano indirettamente calo delle rese. Il
pH ottimale varia da 5 a 6,5. Il ricino per questi suoi margini d’adattamento è
pianta da terreni marginali e quindi non competitiva con le food crops (Vecchio,
2000).
Semina e cenni colturali
Densità finale di 2 piante/m2 in ambienti con meno di
750 mm e se si usano tipi a taglia alta.5-7 piante per metro quadro in colture
irrigue con varietà teglia bassa. Semina a fila.
Controllo delle
malerbe essenziale nelle prime fasi di crescita; sarchiature e diserbo chimico.
L’eliminazione della sommità della pianta nelle varietà tradizionali ha lo
scopo di limitare la crescita in altezza e di favorire la ramificazione e la
formazione dei semi.
Per una migliore maturazione dei semi, per
limitare la deiscenza delle capsule, l’ultimo periodo di coltivazione deve
essere secco.
Concimazione: 10 kg di seme sgusciato
asportano circa 4,5 kg di N, 3 Kg d’anidride fosforica e 6,5 kg di ossido di
potassio.
Nei paesi in cui non c’è disponibilità di
concimi minerali può essere sufficiente distribuire del concime organico in
fondo al solco. Quando fosse possibile la concimazione minerale, le dosi non
dovrebbero superare i 60-80 kg/ha d’azoto e i 40-60 di fosforo e potassio solo
in caso di necessità. L’apparato radicale fittonante crea problemi soprattutto
nel caso di terreni in pendenza o con strato di suolo poco spesso perché
l’azione penetrante della radice spacca gli strati più profondi ed espone il
terreno, sotto l’azione degli agenti atmosferici, a possibili dinamismi.
L’azione antierosiva in coltura pura è quindi scarsa rispetto a piante con
radice fascicolate come ad esempio alla Jatropha curcas.
Produzione e usi.
La produzione
s’aggira sui 2-3 t/ha high input e 1-0,5 t/ha low input. L’olio di ricino è il
più denso tra gli oli vegetali ed è
costituito da una alta percentuale di trigliceridi puri; questi sono formati da
un acido grasso molto particolare l’acido rinoleico
(Tab.1), che
conferisce all’olio elevata viscosità ed elevato peso specifico. Le
caratteristiche chimico-fisiche ne consentono l’impiego in diversi settori
industriali:come lubrificante, vernici, smalti, fibre sintetiche,
bio-plastiche, cosmetici; ciò determina un alta richiesta di olio di ricino sul
mercato e di conseguenza un alto prezzo di vendita che ne sfavorisce come per
la soia l’uso come biodiesel.
I panelli o le farine
residue dopo l’estrazione dell’olio contengono una buona percentuale di
proteine ma l’uso alimentare e zootecnico ne è sconsigliato data la tossicità
dei composti presenti in gran quantità nella cake come la ricinina (alcaloide)
e la ricina (glicoproteina) dotata di potere agglutinante verso i globuli
rossi. L’eliminazione di queste sostanze non è economicamente conveniente
quindi l’unico uso della cake è come fertilizzante o combustibile (Vecchio,
2006). Queste sostanze tossiche sono a spiccata azione nematocida (Duke, 1990).
Biodiesel
L’altissima
viscosità (Tab.2) ne sfavorisce l’uso come olio puro da autotrazione o da
produzione d’energia da punto fisso e ne rende necessaria la
transisterificazione per abbassare questa caratteristica fisica.
Tab.1.Composizione
percentuale in acidi grassi dell’olio di ricino (Souzab, 2002).
Acidi grassi
|
Composizione(%)
|
acido rinoleico
|
90,2
|
a.linoleico
|
4,4
|
a.oleico
|
2,8
|
a.estearico
|
0,9
|
a.palmitico
|
0,7
|
a.diidrossiestearico
|
0,5
|
a.licosanoico
|
0,3
|
a.linolenico
|
0,2
|
Tab.2.Proprietà
fisico-chimiche dell’olio di ricino, bio-diesel di ricino e Diesel (Souzab,
2002).
Caratteri
|
Olio di ricino
|
Biodiesel
|
Diesel
|
Viscosità
(mm²/s)
|
239,39
|
13,75
|
3,2
|
Zolfo
(%)
|
0
|
0,0001
|
0,20
|
Densità 15 C° (g/cm³)
|
0,9573
|
0,9279
|
0,8503
|
Densità 20 C° (g/cm³)
|
0,9584
|
0,9245
|
0,8465
|
ASTM colore
|
Giallo
|
Giallo
|
Rosso
|
Flash point (C°)
|
310
|
120
|
37
|
Corrosione rame
|
1
|
1
|
1
|
La presenza d’un
contenuto più alto d’idrossiacidi nell'olio di ricino trova riscontro nelle sue
proprietà colligative, come la viscosità e la densità (Tab.2).
Il biodiesel tratto dall'olio di ricino ha un
costo comparativo più basso rispetto agli altri oli vegetali, dovuto
innanzitutto alla sua alta solubilità in alcol, cosicché la reazione di
transisterificazione può avvenire a temperatura ambiente. Inoltre, non contiene
zolfo, ha un altissimo numero di cetano, il che indica una migliore qualità
d’iniezione, ed anche più ossigeno determinando una combustione più completa
(Tab.2).
Il processo di transisterificazione diminuisce
la viscosità del biodiesel e tiene costante il numero di cetano. Il flash point
del biodiesel è più grande del diesel, offrendo una migliore sicurezza nel
deposito, trasporto e uso, comparato al diesel convenzionale.
Il biodiesel di ricino ha una purezza alta che
s’attesta sul 97,7%. (Souzab, 2002). L’estere d’olio di ricino presenta un
calore di combustione comparabile al diesel convenzionale e viscosità
alta. Il biodiesel raggiunge le
specificazioni internazionali (ANP Brasile, ADMST Germania), così può essere
applicato come combustibile. Inoltre, genera lavoro e reddito nelle regioni
agricole minoritarie come ad esempio in Brasile nel nord-est dove è in
espansione come coltura energetica.
La sua raccolta
richiede abbondante manodopera perché non è efficacemente meccanizzata e viene
effettuata manualmente con guanti e una lunga tazza nelle varietà nane dove è
più agevole, e con forbici e guanti (il
ricino ha i frutti spinosi) nella varietà gigante. Il biodiesel dell'olio di
ricino ha un ottimo potenziale per essere usato in grande scala come parziale
sostituto del diesel a cui viene miscelato per ridurne la viscosità elevata. Il
suo uso non determina la necessità
d’apportare modifiche sostanziali nel motore (Souzab, 2002).
G.N.