lunedì 29 giugno 2015

RICINO ( Ricinus communis L.)


RICINO (Ricinus communis L.)



Famiglia Euforbiaceae.


Classificazione (Usda, 2007).

Ricinus communis L. 
Regno
Plantae – Piante
Sottoregno
Tracheobionta –Piante vascolari
Superdivisione
Spermatophyta – Piante a seme
Divisione
Magnoliophyta – Piante a fiore
Classe
Magnoliopsida – Dicotiledoni
Sottoclasse
Ordine
Famiglia
Genere
Ricinus L. – Ricino
Specie

Origine e diffusione:

 Si ritiene che il ricino sia originario dell’Etiopia dove ancora oggi è presente allo stato selvatico. Esistono diversi centri di diversificazione secondari in Asia.
Oggigiorno la coltura è diffusa in molti paesi delle zone tropicali e subtropicali. I paesi maggiori produttori sono India, Brasile e Cina esportatori d’olio verso Usa, Giappone, Europa occidentale.
Gli Usa, da tempo, evitano la coltura del ricino per problemi connessi al proprio territorio , al mercato e sociali preferendo ricorrere all’importazione del prodotto già lavorato (olio di ricino) e prospettano di diminuire l’entità di questo import optando per la coltivazione in loco di colture sostitutive con frazione lipidica simile al ricino ma più adattate al territorio come la lesquerella americana. In Sicilia e nelle sue isole minori sono presenti allo stato selvatico piante di Ricino. Queste piante da studi svolti dall’università di Catania per verificare la loro attitudine per la produzione di biodiesel sono originarie dell’Abissinia e diffuse in Italia durante il biennio fascista e l’occupazione italiana di parte del Corno d’Africa.

Sistematica e caratteristiche botaniche:
Il ricino (2n = 20) è una dicotiledone annuale o perenne, a seconda della specie.
Allo stato spontaneo e in condizioni favorevoli assume l’aspetto di un arbusto laticifero con grande sviluppo sia della parte aerea che di quella radicale. Nelle zone temperate si comporta, invece, come annuale, crescendo durante la stagione calda per morire all’arrivo dei freddi invernali. Nelle zone temperato calde, come in Sicilia, queste piante vegetano ottimamente in condizioni spesso proibitive, semi-aride, su terreni sabbiosi e rocciosi come nelle Isole Eolie comportandosi da perenni, in particolare rallentano la crescita durante la stagione invernale per poi riprenderla a primavera (Osservazione diretta dell'autore, 2006).
 Le piante inselvatichite e la progenie, prelevata nell’isola di Vulcano, una volta in coltivazione, non hanno dato segni patologici rilevanti, se non sottoforma di cocciniglia scudettata a piastra poligonale (ceroplasta del fico, la ceroplastes rusci) e sporadiche macchie da ragno rosso. I semi erano piantati in vasi con terriccio sabbioso, germinando nella quasi totalità nel giro di due settimane.
L’apparato radicale appariva costituito principalmente da un grosso e profondo fittone centrale lungo quasi quanto l’altezza della pianta. Le radici secondarie si sviluppano orizzontalmente a partire dal colletto.
Il fusto è di colore rosso-violaceo con superficie rugosa non sclerificata fuori e centralmente cavo con setti di separazione di consistenza cartacea periodici che lo rendono morfologicamente simile per struttura interna all’Arundo donax o canna comune (fonte: osservazioni dell’autore, 2006). Le foglie sono lungamente picciolate, lobate con 5-11 lobi ovali o acuti a volte con margini dentellati; nel complesso le foglie raggiungono dimensioni notevoli con un diametro fino a 50-60 cm (Vecchio, 2000).Il colore è normalmente verde,violacee nella fase giovanile. L’autore riporta l’osservazione diretta di due differenti tipologie morfologiche tra  piante a  foglia grande e  grandi dimensioni comuni nell’isola di Vulcano e piante di piccole dimensioni e foglie ridotte diffuse a Lipari.
 Nella letteratura scientifica si dividono le varietà di ricino tra i tipi giganti tropicali tolleranti alla siccità e i tipi bassi più produttivi ma per zone temperate e irrigue. Il ricino è solitamente una pianta monoica e allogama; le infiorescenze (racemo) terminali o ascellari portano numerosi fiori. L’impollinazione è di tipo anemofilo. Il frutto è una capsula globosa, lunga 2-3 cm, triloculare, spinosa o inerme deiscente a maturità; le cultivar oggi utilizzate sono praticamente indeiscenti anche per consentire la raccolta meccanica. In ogni loggia della capsula è contenuto un seme ovoidale, dorsalmente compresso, di colore bianco grigiastro con fitte marmorizzazioni rosso-brune, dotato di caruncola; la sua lunghezza varia tra 1 e 1,5 cm, il peso tra 0,25 e 0,35 grammi.
I tegumenti seminali sono coriacei ma fragili; l’interno è costituito da un endosperma ricchissimo in olio (dal 40 al 56%) e da due cotiledoni sottili cartacei (Vecchio, 2000).

Ciclo biologico.

Da tre mesi a 6 mesi a seconda della varietà e delle condizione agro-climatiche (Vecchio, 2000).

Ecologia.

Pianta tropicale e mediterranea sensibile al freddo. Temperature basse rendono la pianta più sensibile alle fitopatie e allungano il ciclo e anche diluiscono il contenuto d’olio. Sotto i 2 gradi muore la pianta. A 5 gradi perde le foglie. La temperatura minima di vegetazione è 10-12 gradi. Vuole molta luce solare. Richiede 250-300 mm d’acqua dall’emergenza alla fioritura.
Il ricino nonostante richieda 400 pari d’acqua per formare una parte di sostanza secca è pianta con una certa arido-tolleranza per il suo apparato radicale molto sviluppato e per la presenza di pruina sull’epidermide che ne permettono la coltivazione in aree marginali. Climi caldo umidi comportano  grande sviluppo vegetativo a scapito della resa in seme. Suoli troppo fertili procurano indirettamente calo delle rese. Il pH ottimale varia da 5 a 6,5. Il ricino per questi suoi margini d’adattamento è pianta da terreni marginali e quindi non competitiva con le food crops (Vecchio, 2000).

Semina e cenni colturali
Densità  finale di 2 piante/m2 in ambienti con meno di 750 mm e se si usano tipi a taglia alta.5-7 piante per metro quadro in colture irrigue con varietà teglia bassa. Semina a fila.
Controllo delle malerbe essenziale nelle prime fasi di crescita; sarchiature e diserbo chimico. L’eliminazione della sommità della pianta nelle varietà tradizionali ha lo scopo di limitare la crescita in altezza e di favorire la ramificazione e la formazione dei semi.
 Per una migliore maturazione dei semi, per limitare la deiscenza delle capsule, l’ultimo periodo di coltivazione deve essere secco.
 Concimazione: 10 kg di seme sgusciato asportano circa 4,5 kg di N, 3 Kg d’anidride fosforica e 6,5 kg di ossido di potassio.
 Nei paesi in cui non c’è disponibilità di concimi minerali può essere sufficiente distribuire del concime organico in fondo al solco. Quando fosse possibile la concimazione minerale, le dosi non dovrebbero superare i 60-80 kg/ha d’azoto e i 40-60 di fosforo e potassio solo in caso di necessità. L’apparato radicale fittonante crea problemi soprattutto nel caso di terreni in pendenza o con strato di suolo poco spesso perché l’azione penetrante della radice spacca gli strati più profondi ed espone il terreno, sotto l’azione degli agenti atmosferici, a possibili dinamismi. L’azione antierosiva in coltura pura è quindi scarsa rispetto a piante con radice fascicolate come ad esempio alla  Jatropha curcas.

Produzione e usi.
La produzione s’aggira sui 2-3 t/ha high input e 1-0,5 t/ha low input. L’olio di ricino è il più denso tra gli oli vegetali ed  è costituito da una alta percentuale di trigliceridi puri; questi sono formati da un acido grasso molto particolare l’acido rinoleico
(Tab.1), che conferisce all’olio elevata viscosità ed elevato peso specifico. Le caratteristiche chimico-fisiche ne consentono l’impiego in diversi settori industriali:come lubrificante, vernici, smalti, fibre sintetiche, bio-plastiche, cosmetici; ciò determina un alta richiesta di olio di ricino sul mercato e di conseguenza un alto prezzo di vendita che ne sfavorisce come per la soia l’uso come biodiesel.
I panelli o le farine residue dopo l’estrazione dell’olio contengono una buona percentuale di proteine ma l’uso alimentare e zootecnico ne è sconsigliato data la tossicità dei composti presenti in gran quantità nella cake come la ricinina (alcaloide) e la ricina (glicoproteina) dotata di potere agglutinante verso i globuli rossi. L’eliminazione di queste sostanze non è economicamente conveniente quindi l’unico uso della cake è come fertilizzante o combustibile (Vecchio, 2006). Queste sostanze tossiche sono a spiccata azione nematocida (Duke, 1990).

Biodiesel
L’altissima viscosità (Tab.2) ne sfavorisce l’uso come olio puro da autotrazione o da produzione d’energia da punto fisso e ne rende necessaria la transisterificazione per abbassare questa caratteristica fisica.

Tab.1.Composizione percentuale in acidi grassi dell’olio di ricino (Souzab, 2002).

Acidi grassi                        
Composizione(%)


acido rinoleico
90,2
a.linoleico
4,4
a.oleico
2,8
a.estearico
0,9
a.palmitico
0,7
a.diidrossiestearico
0,5
a.licosanoico
0,3
a.linolenico
0,2

Tab.2.Proprietà fisico-chimiche dell’olio di ricino, bio-diesel di ricino e Diesel (Souzab, 2002).

Caratteri
Olio di ricino
Biodiesel
Diesel




Viscosità
(mm²/s)
239,39
13,75
3,2
Zolfo
 (%)
0
0,0001
0,20
Densità 15 C° (g/cm³)
0,9573
0,9279
0,8503
Densità 20 C° (g/cm³)
0,9584
0,9245
0,8465
ASTM colore
Giallo
Giallo
Rosso
Flash point (C°)
310
120
37
Corrosione rame
1
1
1

La presenza d’un contenuto più alto d’idrossiacidi nell'olio di ricino trova riscontro nelle sue proprietà colligative, come la viscosità e la densità (Tab.2).
 Il biodiesel tratto dall'olio di ricino ha un costo comparativo più basso rispetto agli altri oli vegetali, dovuto innanzitutto alla sua alta solubilità in alcol, cosicché la reazione di transisterificazione può avvenire a temperatura ambiente. Inoltre, non contiene zolfo, ha un altissimo numero di cetano, il che indica una migliore qualità d’iniezione, ed anche più ossigeno determinando una combustione più completa (Tab.2).
 Il processo di transisterificazione diminuisce la viscosità del biodiesel e tiene costante il numero di cetano. Il flash point del biodiesel è più grande del diesel, offrendo una migliore sicurezza nel deposito, trasporto e uso, comparato al diesel convenzionale.
 Il biodiesel di ricino ha una purezza alta che s’attesta sul 97,7%. (Souzab, 2002). L’estere d’olio di ricino presenta un calore di combustione comparabile al diesel convenzionale e viscosità alta.  Il biodiesel raggiunge le specificazioni internazionali (ANP Brasile, ADMST Germania), così può essere applicato come combustibile. Inoltre, genera lavoro e reddito nelle regioni agricole minoritarie come ad esempio in Brasile nel nord-est dove è in espansione come coltura energetica.

La sua raccolta richiede abbondante manodopera perché non è efficacemente meccanizzata e viene effettuata manualmente con guanti e una lunga tazza nelle varietà nane dove è più agevole, e con forbici  e guanti (il ricino ha i frutti spinosi) nella varietà gigante. Il biodiesel dell'olio di ricino ha un ottimo potenziale per essere usato in grande scala come parziale sostituto del diesel a cui viene miscelato per ridurne la viscosità elevata. Il suo uso non  determina la necessità d’apportare modifiche sostanziali nel motore (Souzab, 2002).


G.N.

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