martedì 18 agosto 2015

COSTO ENERGETICO DEI BIOCARBURANTI


Diamo un'occhiata ai rendimenti energetici del biodiesel.
Una volta raccolta la biomassa algale, se oleaginosa, se ne può estrarre l’olio e usarlo per l’autotrasporto invece che bruciarlo in centrale, ma prima questo va esterificato per ottenere biodiesel in grandi impianti e con ulteriori costi energetici.
 La Cereol Italia rileva i seguenti costi energetici per l’esterificazione di 100 kg d’olio:

1.   Costo per esterificazione effetuato per un ora a 80°C è pari a 4.253 kcal ovvero 0,0177 Gj.

2.   Costo per distillazione semplice del glicerolo grezzo e del metanolo pari a 5.000 kcal ovvero 0,0209Gj.
3.   Costo per distillazione degli esteri metilici pari a 15.000 kcal ovvero 0,0623Gj.
4.   Costo complessivo di questa operazione è risultato pertanto di 24.235 kcal equivalente a 0,101 Gj.
Considerando che dal processo d’esterificazione s’ottengono 95 kg d’estere, il costo energetico espresso in t d’estere è:
0,0101/95*100 = 0,11Gj*q¯¹ pari a 1,1Gj*t¯¹. In termini quantitativi ho che da 1,05 t di olio e 0,11 t d’alcol ottengo 1t d’estere o 1t di glicerina e 0,023 d’acidi grassi.

Dal bilancio d’energia del biodiesel sappiamo che l’energia prodotta dal biodiesel è doppia
rispetto a quella spesa in energia fossile per la produzione (Riello, 2003. Specogna, 2006).
Se poi si considerano tutti i sottoprodotti allora l’energia totale prodotta è 5,4 volte superiore all’unità d’energia spesa per la produzione.
 Il bilancio energetico del biodiesel secondo il dipartimento di chimica dell’Università di Siena è di soli 0,31 unità d’energia fossile per produrre un unità di biodiesel
(Basosi, 2005).


Efficienza conversione a etanolo.

Se la biomassa algale coltivata invece è ad alto tenore glucidico come  nel caso della Palmiria palmata e della Laminaria saccharina può essere convertita in etanolo. La fermentazione alcolica è un processo di tipo microaereofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti nella biomassa in bioetanolo ovvero alcol etilico. Tra tutti i prodotti alternativi proposti come carburanti per i trasporti il bioetanolo è quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibiltà e prestazioni. Da 3 t di biomassa mediamente zuccherina s’ottengono 1 t di bioetanolo con un rapporto 3/1 di conversione energetica.
Vale per le piante coltivate e dipende essenzialmente dal contenuto in amidi e zuccheri fermentabili della biomassa. Per le alghe l’efficienza energetica sarebbe maggiore non essendovi la necessità d’essiccare la massa algale.

 Efficienza conversione a idrogeno.

La biomassa algale può essere convertita attraverso un processo di pirolisi ad  esempio in olio di pirolisi o Bco, da questo  a sua volta si può ottenere mediante il reforming catalitico  un grande vettore d’energia: l’idrogeno. Partendo da etanolo possiamo avere lo stesso risultato ma con rese inferiori. Oppure l’idrogeno può essere ottenuto direttamente da alcune specie di alghe fatte crescere sotto stress in determinati reattori al buio o alla luce in fotobioreattori usando acque sporche e substrati ottenuti da materiale agricolo-alimentare di scarto(Kapdan, 2005 e Dante, 2004).


Analisi sistemi di produzione integrata acquacoltura-energia.


Le possibili modalità d'impianto per l'utilizzo e produzione d'alghe a fini energetici oggi giorno sono diverse e divise in sistemi di produzione a ciclo aperto e a ciclo chiuso in rapporto al sequestro nel tempo della CO2.
Classici sistemi chiusi sono la filiera produttiva d'acquicoltura in cui reflui delle vasche d’allevamento dei pesci, ricche d’azoto e fosforo e  micro elementi dovute alle deiezioni vengono utilizzate per avviare l’allevamento delle alghe e le stesse infine sono raccolte e lavorate per estrarne l’olio da usare a scopi energetici mentre la farina residuo d’estrazione è usata per alimentare una vicina pescicoltura.
Un altro sistema produttivo a ciclo chiuso è rappresentato da un industria termica per la produzione d’energia (meglio se alimentata a carbone) le cui emissioni d’anidride sono usate per aumentare la crescita delle alghe in vasche chiuse come le acque usate per il raffreddamento delle turbine.
 L'olio ottenuto dalle alghe verrà poi bruciato all'interno della centrale elettrica o in un altro luogo. Possiamo identificare come sistemi produttivi a ciclo chiuso tutti quelli ove vi sia uno spinto riciclo della materia e che nella fattispecie sono molto adatti per impianti di piccole dimensioni che puntino al recupero di risorse altrimenti sprecate, come ad esempio nel caso dell'associazione tra allevamento-pescicoltura e algacoltura. In questo caso riutilizziamo le deiezioni dei suini  o dei pesci che presentano un costo ambientale “alto” e le bonifichiamo usandole per le alghe a loro volta utilizzate (in parte) come fonte di mangime per gli animali.

Il problema nei sistemi di produzione a ciclo chiuso è che insieme al riciclo della sostanza organica s'attua anche un riciclo dei metalli pesanti e dei composti tossici (fitofarmaci, ddt) che non vengono smaltiti nell'ambiente ma reintrodotti nel ciclo produttivo con un progressivo bioaccumulo seguendo i percorsi della catena trofica.
Un sistema produttivo a ciclo aperto è rappresentato da una produzione principale d’alghe (usando acque e terreni non altrimenti utilizzabili e i cui costi non saranno conteggiati) valutando gli input e gli output energetici dati dal potere calorifico dell'olio le per tonnelate prodotte. Il valore così ottenuto dovrà essere superiore al costo energetico richiesto per la messa in uso dell'impianto e la sua manutenzione più i costi energetici vari e solo se avremo un EROEI maggiore di uno, la fattibilità dell'impianto potrà essere presa in considerazione per l'area da noi ipotizzata.
Per intendersi: il concetto di sistema o meglio filiera agroindustriale a ciclo chiuso vuole essere in sintesi un transfert verso un ideale di ciclo produttivo antropico che prenda ad esempio i cicli e microcicli naturali che integrati nell’ecositema fanno sì  che l'efficenza d'utilizzo delle risorse sia ottimizzata al meglio; con ciò intendiamo evidenziare il concetto secondo il quale l'autosufficienza dei processi agroindustriali possa andare anche contro l'efficenza energetica (ed economica) nel breve termine per guardare al medio-lungo termine. Ad esempio la produzione di materiale plastico dalle colture d'alghe stesse che poi sarà usata per fare i bio-reattori della loro coltura se controproducente in termini energetici nel breve termine è comunque di per se interessante affinchè non si scarichino a valle del processo produttivo i costi ambientali della produzione.
Il dualismo da considerare efficienza energetica ed emissione di CO2 unito al consumo di risorse rinnovabili creano i presupposti per una scelta più oculata degli impianti produttivi. La somma delle microfiliere agroindustriali porta ad un ottimizzazione massima delle risorse in un contesto globale e ipoteticamente ad un riciclo ottimale delle risorse e all'utilizzo senza sperpero dell'energia necessaria parte della quale viene reintegrata nei cicli naturali. Come esempio finale proviamo ad immaginare il flusso energetico terrestre come un fiume che scorre ad anello; bene l'uomo ha occupato tutti gli habitat terrestri ed è la specie vivente che domina la terra grazie all'interruzione del flusso energetico ad anello che chiamiamo ciclico e quindi all'usurpazione dell'energia destinata alle altre specie viventi nelle varie nicchie ecologiche accrescendo ed espandendosi a danno loro.
 Invece il modello produttivo di filiera agroindustriale entra nel principio ecologico d’utilizzare il flusso energetico e di materia e reinserirlo nel normale ciclo naturale


G.N.

Nessun commento:

Posta un commento