Nel 1939 un ricercatore tedesco, Hans Gaffron,
durante i suoi studi presso l'università di Chicago, notò che le alghe che
stava osservando, la Chlamydomonas
reinhardtii
(un'alga verde), a volte passava dalla produzione di
ossigeno a quella di idrogeno. Gaffron non riuscì però a scoprire la causa che
provocava questo cambiamento, e per molti anni la causa rimase misconosciuta
fino alla fine degli anni '90 quando il professor Anastasios
Melis, all'epoca ricercatore presso l'Università della California a
Berkeley, scoprì che se la coltura di alghe veniva privata di zolfo questa
cessava di produrre ossigeno (la normale fotosintesi), passando a produrre
idrogeno. Scoprì inoltre che l'enzima responsabile di questa reazione è l'idrogenasi,
ma che l'idrogenasi perdeva la sua funzione in presenza di ossigeno. Melis
scoprì che privando l'alga dello zolfo questa interrompeva il flusso interno di
ossigeno, creando così un ambiente in cui l'idrogenasi poteva reagire,
producendo idrogeno.
Estrarre idrogeno dalle alghe, la ricerca italiana.
Attualmente si adoperano alcuni particolari batteri e
alcune tipologie di micro-alghe. Quindi su microorganismi, sia procarioti che
eucarioti, che hanno imparato con l’evoluzione a utilizzare l’energia solare
meglio di qualunque altro essere. La sfida è utilizzare questi processi
naturali per ottenere idrogeno, che sembra essere il vettore emergente per
produrre energia pulita. Allo stato naturale alcuni tipi di alghe sintetizzano
piccolissime quantità d’idrogeno che utilizzano a fini metabolici. L'
intervento di modificazione genetica consiste nel fargli produrre più idrogeno.
A tal fine vi è una collaborazione in atto tra l’Università di Firenze, l’Enea
e il CNR di Napoli e Firenze con coordinamento del gruppo a Padova. Si stanno
seguendo tre linee di ricerca. La prima è l’utilizzo di microorganismi per
ottenere idrogeno da biomassa. La biomassa si può ottenere dai residui di
lavorazione degli allevamenti, ma anche nelle acque reflue cittadine.
La seconda linea di ricerca è forse la più difficile e
ambiziosa: modificare geneticamente alghe e organismi per produrre idrogeno. La
terza linea è la più ingegneristica: combinare i risultati delle prime due
linee per realizzare un impianto pilota in cui realizzare il frutto di questi
processi. Sarà il momento in cui sarà possibile valutare il costo,
l’economicità e la possibilità di questa innovazione. In prospettiva potremmo
avere dei bioreattori che sotto illuminazione solare saranno capaci di produrre
idrogeno.
Chlamydomonas moeweesi è considerata dagli studiosi una buona candidata per
la produzione di idrogeno.
Nella prospettiva di una produzione diffusa
dell’idrogeno, possiamo immaginare piccoli impianti che producano, almeno in
parte, l’energia necessaria.
Ad esempio un allevamento o un’azienda agricola che
potrà installare un bioreattore e soddisfare il suo fabbisogno (Guelci, 2007).
Prospettive della ricerca mondiale
La produzione biologica d’idrogeno è fatta in
bioreattori ed è basata sulla produzione di
idrogeno da parte di
alcune alghe private di zolfo.
Problemi nella realizzazione di bioreattori:
· Si
ha diminuzione di produzione di idrogeno in via fotosintetica dovuta alla
formazione di un gradiente
protonico.
· Inibizione
di tipo competitivo della produzione fotosintetica di idrogeno da parte del biossido di
carbonio .
· Necessità
di un legame bi carbonico nel foto sistema II (PSII) per mantenere efficiente
l'attività fotosintetica.
· Cattura
competitiva degli elettroni da parte dell'ossigeno durante la produzione di
idrogeno da parte delle alghe.
· Fattibilità
economica-efficienza energetica: la conversione di luce solare in idrogeno deve
raggiungere il 7-10% (le alghe nella loro forma naturale riescono a raggiungere
lo 0,1% al massimo).
Traguardi raggiunti :
2006 - Ricercatori
dell'Università di Bielefeld e dell’Università del Queensland, hanno modificato
geneticamente l'alga verde unicellulare Chlamydomonas
reinhardtii in
modo da rendere possibile da parte dell'alga la produzioni di grandi quantità
di idrogeno. La Stm6,
come è stata chiamata, può produrre nel lungo termine, cinque volte il volume
di idrogeno prodotto dall'alga nello stato naturale con una efficienza
energetica di produzione di circa l'1,6-2%. Un articolo non pubblicato
dell'Università di Berkeley (il programma è stato svolto dal Midwest
research Institute, un operatore esterno che lavora per il NREL)
potrebbe aver trovato la soluzione tecnologica che consente di aumentare
l’efficienza energetica del processo, rendendo fattibile da un punto di vista
economico il progetto. Questo risultato è stato ottenuto accorciando i blocchi
di clorofilla negli organuli deputati alla fotosintesi. In Germania
all’università di Karlsruhe è in corso di sviluppo un prototipo di bioreattore
contenente 500-1.000 litri di colture algali. Il reattore sarà utilizzato nei
prossimi 5 anni per provare la fattibilità economica del programma (W.a
4/4/2007).
G.N.
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