sabato 1 agosto 2015

Le macroalghe


La coltivazione di Macro-alghe a scopo energetico


ha dei costi di raccolta minori rispetto alle microalghe e se come possibile l'impianto è effettuato in mare aperto i costi di miscelamento sono inesistenti così come i costi idrici.

Inoltre possono essere utilizzate nel contesto di una maricoltura integrata con pesci e molluschi vicino alle foci dei fiumi con buone rese.

 Il ricercatore M.Aresta ha selezionato alcune macroalghe tratte dal Mar Jonio e Adriatico secondo la loro capacità fotosintetica per ottenere biocarburanti e le ha comparate con l'efficenza energetica delle microalghe ottenendo risultati interessanti.

Le macroalghe selezionate sono: Chaetomorpha linum Kutzing (Cladophorales, Cladophoraceae); Pterocladiella capillacea Santelices et Hommersand (Gelidiales, Rhodophita).  C.linum è specie dominante nel mar Piccolo a Taranto (mar Jonio) ed'è inoltre molto presente nell'estuario del fiume Galeso dove può raggiungere una densità del 3,6 kg/m². P.capillacea una buona agarofita può trovarsi in substrati rocciosi nel sud Adriatico del mar Chiuso di Bari ove raggiunge una densità di 0,15 kg/m2.

Codeste specie hanno in comune un basso costo di raccolta, l'alta percentuale di componenti da cui è possibile ottenere biodiesel e le basse esigenze colturali. Queste macroalghe sono state poi trattate con due diverse metodologie d'estrazione. Per la produzione di biodiesel, la ScCO2 (sigla per Supercritical Carbon Dioxide Extraction)  e l'estrazione per solvente tradizionale.

La ScCO2 vince nettamente il confronto in termini d'efficenza energetica.

 Vengono generati 11.000 Mj/t (s.s.alghe) per le macroalghe contro 9.500 Mj/t (s.s alghe) generatesi nella gassificazione delle microalgae (Aresta, 2004). Infine come già detto specialmente nel caso delle macroalghe bisogna considerare oltre alla funzione prettamente energetica anche le possibiltà nutritive celate nella alghe e specialmente nelle macroalghe già da milleni utilizzate per l'alimentazione umana. Tutto cio’ fa pendere nettamente la bilancia a favore della loro coltivazione data l’enorme quantità di prodotti allocabili che ne deriva una volta esaurito il loro uso  energetico.  Per M.Zappi docente d'ingegneria chimica del Msu (Massachutes States University) le macroalghe saranno la coltivazione del futuro dato che producono più del doppio delle altre oleaginose (soia) e hanno un elevato valore nutrizionale e economico grazie alle proteine e alla ricchezza in acidi grassi omega3. In tempi di carenza di suolo agricolo fertile e acqua dolce irrigua sono rappresentano più d'una semplice speranza (Confagricoltura, 2007).

Biometano dalle alghe kelp oceaniche.

Nel 1976 il prof.Leese ipotizzò in piena crisi energetica piantagioni oceaniche di 850 ha cadauna in cui le alghe erano sostenute da corde orrizontali di politilene fissate con pesi  al fondo e alla superficie con corde di sostegno orizzontali a loro volta fissate a boe fisse ancorate al fondo (Dough, Soliv, 2006). Tale assemblamento dava la massima praticità e al contempo univa la robustezza per resistere alle correnti oceaniche all'elasticità necessaria per attuare la manutenzione periodica che consiste nella rimozione delle epifite opportuniste e degli eventuali parassiti. Al centro della coltura sorgeva una piattaforma semiflottante che riforniva con una rete idrica di fertirrigazione le alghe (Fig.9.2.1).

 La piattaforma era abitata, con annesse strutture e laboratori per la trasformazione delle masse algali circostanti, che raccolte da imbarcazioni erano poi issate con gru e bracci meccanici sopra la piattaforma e qui lavorate per ottenere prodotti per l'alimentazione umana, mangimi, fertilizzanti e biometano tramite fermentazione anaerobica.

Tale progetto non ebbe grande seguito a causa della concorrenza d'altre fonti energetiche più a buon mercato.



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