Famiglia
Arecaceae.
Orbignya barbosiana BurretSinonimi: Attalea speciosa C.Martius, Orbignya speciosa Barb.Rodr.
Vi sono 55 generi nelle areacaceae e 2 specie in Orbignya.
Regno
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Plantae – Piante
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Sottoregno
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Tracheobionta – Piante
vascolari
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Superdivisione
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Spermatophyta – Piante
a seme
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Divisione
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Magnoliophyta – Piante
a fiore
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Classe
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Liliopsida – Monocotiledoni
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Sottoclasse
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Ordine
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Famiglia
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Arecaceae – famiglia delle
palme
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Genere
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Specie
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Orbignya barbosiana Burret – babassu
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Sinonimi comuni:
Orbygnia martiana
Barb. Henderson. (1995), si considerino O. phalerata Mart. ed O. Barb.Mart. Rodr, come sinonimi di Attalea
speciosa Mart. ex Spreng. Nomi comuni e indigeni: babaçu, babasù, shapaja,
cusi, catirina, bagassú, coco de macaco, l'aguassú. Portoghese: babaçú.
Inglese: babassu palm.
Origine e
distribuzione geografica:
Le formazioni più dense sono negli stati brasiliani e nord
orientali di Maranhão e Piaui.
Distribuito estesamente in tutta l'area amazzonica.
Probabile origine nelle zone di transizione dal Cerrados alle zone limitrofe
andine.
Status:
selvatico, quasi sempre raccolto da piante spontanee, poco coltivato.
Descrizione:
La Orbignya
barbosiana è una palma tropicale che
può raggiungere anche i 20 m di altezza ed è di grande valore economico, poiché
se ne possono sfruttare diverse parti(Fonte:Ciat).
E’ palma androdioica, a singolo tronco,
altezza max 30 metri. Propagazione da semi. Il calore migliora la percentuale di germinazione. Ogni palco
fruttifero pesa 15-90 Kg ed è costituito da 200-600 frutti. Frutto ellittico oblungo 6-12 cm x 4-10 cm, peso secco variabile da 40 a 440
grammi a seconda delle varietà.
Usi:
Ogni parte della pianta è usata, con un valore economico
di 85.000.000 $ nello Stato del Maranhão. L’uso principale è l'estrazione
d’olio, simile all'olio di cocco o palma, di non alta qualità ma usato
tradizionalmente ad uso alimentare e oggi principalmente per ottenere biodiesel
e sapone.
La produzione d'olio per ettaro è bassa tra i 90 e 150 kg per anno ma oggi il
trend è in crescità in quanto miglioramento genetico sta dando i suoi frutti in
Brasile sotto l’auspicio del governo
brasiliano. La composizione e le caratteristiche meccanico-fisiche e chimiche
dell'olio di babacu sono in tutto e per tutto paragonabili all'olio di cocco.
Il seme è mangiato fresco. L'endocarpo è usato per fare carbonella. Il
mesocarpo è una fonte d’amido per l'alimentazione degli animali e per la
produzione d'alcol.
Le giovani piante danno dell'ottimo palmito. Le foglie
sono usate per coprire i tetti delle capanne rurali e come fibre per canestri,
tappezzeria, e reti. Le foglie tenere attorno la gemma sono usate come
foraggio.(Referenze: Fouqué, 1972; al di et di Henderson., 1995; al di et di
Martin., 1987; al di et di Villachica., 1996). Il mesocarpo del babaco contiene oltre il 60% d'amido
sul peso secco che può essere usato sia per l'alimentazione animale che per
produrre bioetanolo. La cake residuale dell'estrazione dell'olio è usata
nell'ingrasso degli animali. Le piante giovani sono anche usate per la
produzione di palmito. Il frutto contiene ben il 66% d'olio estraibile
con qualità molto simili al comune olio di palma tradizionale (Eleaeis Guineensis).
La buona resa in
etanolo unita all’alto contenuto in olio dei semi d'altronde fa presupporre un
doppio uso sia come pianta da olio per biodiesel sia come pianta da bioetanolo
e fornire quindi entrambi i reagenti necessari alla produzione del
bioestere. In effetti data la rusticità
e la sua diffusione allo stato selvatico in alcuni stati brasiliani si potrebbe
usare la pianta in un regime d'agroforesty complesso che porti all'utilizzo
contemporaneo della pianta e dei suoi sottoprodotti per l'alimentazione umana,
animale e insieme fornire energia all'azienda. Progetti d'agroforestry
complessi uniti allo sfruttamento agricolo su grande scala sono per altro già
allo studio in Brasile. Si cerca sopratutto di sfruttare la doppia funzione del
babassu sia come pianta da biodiesel che come pianta da bioetanolo. Per questo
si cerca di meccanizzare la coltura.
Questa palma
rientra a pieno titolo insieme al ricino o ‘manoma’, all'olio di palma o olio
di dendè, e in parte alla soia che si preferisce destinare principalmente
all'esportazione per usi alimentari o zootecnici dato il buon prezzo di mercato
che quest’ultima detiene
(www.estadao.com/agronegocios, 2007),
nel programma di sviluppo bioenergetico brasiliano. Questo prevede di passare entro il 2008 al 2% di
biodiesel addizionato al gasolio e nel 2013 al 5% di biodiesel, in tal modo la
produzione totale di biodiesel brasiliano che s'aggirava nel 2005 sul migliaio
di litri dovrà raggiungere nel 2008 le 800 migliaia di litri e nel 2013 la
cifra di 2,4 milioni di litri (www.estadao.com/agronegocios,
2004). Da qui l'enorme interesse per questa palma nativa delle zone
interne brasiliane.
G.N.
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