Palma da sago (Metroxylon sagu)
Vi sono 55 generi nelle Arecaceae, 2 specie in Metroxylon.
Classificazione (Usda, 2007).
Metroxylon
sagu Rottb
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Regno
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Plantae – Piante
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Sottoregno
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Tracheobionta – piante vascolari
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Superdivisione
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Spermatophyta –
Piante a seme
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Divisione
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Magnoliophyta –
Piante a fiore
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Classe
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Liliopsida –
Monocotiledoni
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Sottoclasse
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Ordine
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Famiglia
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Arecaceae – Famiglia
delle palme
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Genere
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Metroxylon Rottb. –
metroxylon
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Specie
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Metroxylon sagu Rottb.
– palma da sago
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Descrizione.
Il Metroxylon sagu
o palma da sago è originaria dell'Asia del sud est ove l'amido che contiene in
elevata quantità nel tronco fornisce la maggior parte dell'apporto calorico
alle popolazioni locali di cacciatori raccoglitori che vivono ai confini o
entro la foresta tropicale, habitat ideale della palma da sago. L'amido
chiamato “tapioca“ una volta pronto per il consumo, è ricavato dal tronco della
pianta dopo una lunga lavorazione: inizialmente bisogna abbattere la palma
quindi dividere il tronco in due e batterlo a lungo poi bisogna separare
l'amido dalle sostanze tossiche contenute all'interno del tronco.
Poi l'amido è
ulteriormente lavorato fino a dare la tapioca. La palma da sago rimane
attualmente una pianta in prevalenza
presente allo stato selvatico. L'istituto internazionale per le risorse
genetiche(IPGRI) che cerca di diversificare il raccolto agricolo nel mondo
riscoprendo o domesticando specie selvatiche, considera che la palma di sago
sia un raccolto "underutilized" tipico (Fonte:Biopact.com).
Uno degli usi potenziali della palma da sago è
l'etanolo. In tutto il suo “lifecycle”, l'albero accumula un ammontare enorme
d’amido, mentre giunge ad un massimo verso i 15 anni d'età, poco prima che
fiorisca con un enorme infiorescenza. Nella palma selvatica, circa 5 tonnellate
d'amido per ettaro possono essere raccolte, ma le piantagioni mostrano produzioni d'amido anche di 30 tonnellate per
anno. Inoltre dato l'accumulo d'amido che si protrae fino ai 15 anni, la
struttura della piantagione di sago con opportuni sesti dinamici potrebbe
adattarsi al fluttuare del prezzo sul mercato ritardando o anticipando il
raccolto con pochi danni, dando così un maggior controllo al produttore che
potrebbe avere maggiore controllo sui rischi produttivi (fonte: osservazione
dell’autore, 2007). L'amido è di tale qualità che l'efficienza di conversione
ad etanolo raggiunge il 72% (per l’idrato d’etanolo). Prendendo un raccolto max
di 20 tonnellate d’amido pulito ad ettaro, s'avranno 14.400 litri d'alcol,
facendo del sago uno dei raccolti d'energia più produttivi. (Biopact; Doelle,
1998). Contrariamente alla palma da
olio, soia, cocco, manioca, il sago soffre di mancanza di ricerca e sviluppo
sulla fitopatologia e tecniche di gestione della piantagione.
Nonostante simposi annuali sul sago, ci vorrà un pò di
tempo fino a che la coltura s'imponga a livello internazionale.
Il governo della Malesia ha avviato una piantagione di
50.000 ettari con la palma da Sago in Sarawak, e lo considera la coltura di bioetanolo del futuro. Il Sago
sarà il secondo pilastro dopo la palma da olio del programma di bioenergia
della Malesia. La capacità di produzione della palma da sago varia tra 2-5
tonnellate d’amido/ha s.s. allo stato
spontaneo fino a 10-25 t/ha in
coltivazione (Flach, 1983).
La densità d’impianto è 1.480 palme/ha . Una piantagione
ben organizzata può produrre 175 kg d’amido/palma, mentre da un prodotto totale
di 25 tonnellate amido/ha. (Doelle,
1998). Dopo la rimozione della corteccia, del rachide e delle foglioline dal
midollo che probabilmente è la parte più dispendiosa del trattamento, l’amido
deve essere estratto dal midollo. Con la palma da sago si possono fare (Doelle,
1998):
·
Materiali da edificio eccellenti per case locali
ed urbane, capannoni o altri edifici
·
Concime organico ( bio-fertilizzanti)
·
Risorse per gassificazione e produzione
energia
·
Amido per alimentazione zootecnica
·
Etanolo per biocarburanti
·
Energia attraverso gassificazione
·
Metano o bio-gas
·
Acquicoltura usandola come mangime per pesci
Rientra appieno nella categoria di specie da
bio-sistemi rurali integrati: ipotetiche fattorie autosufficienti anche a
livello energetico (Doelle, 1998).
G.N.
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