Pensate. Allo stato attuale su 350.000 specie di piante esistenti nel
mondo solo 300 (pari allo 0,1%) sono usate dall'uomo come fonte di cibo e altri usi. Di queste solo una ventina è fondamentale per l'alimentazione. In particolare solo poche varietà di grano, riso, mais e patate
assicurano 80% della produzione alimentare consumata sulla terra. La tendenza ad utilizzare un numero sempre più ristretto di specie
vegetali che è iniziata con l'agricoltura commerciale, ha come conseguenza
un’enorme erosione genica
(Formica, 2002).
Diamond un etnoantropologo ha fatto notare in un suo saggio (2000) come
le grandi civiltà del passato siano da relazionare alla disponibilità che la
popolazione aveva di specie vegetali addomesticabili nel suo aerale.
In breve il mais e i fagioli hanno fatto nascere la civiltà atzeca, la
patata, la quinoa e l’amaranto, l’andina, il grano e i ceci, le mesopotamiche
fino al farro fave e cavolo dei romani e al riso e soia dei cino-giapponesi.
L’america del nord oltre ad alcuni
tipi di fagioli ad ovest ad est aveva solo il girasole e (del mais come nella
costa occidentale del basso Canada ma erano varietà selvatiche a piccola base
genetica a differenza del Messico) a disposizione e infatti, è stata
popolata da cacciatori raccoglitori fino
all’arrivo degli europei che vi hanno introdotto le loro colture.
Diamond dall’analisi delle possibili specie addomesticabili conclude come
la ricchezza dei popoli sia da relazionare alla biodiversità del loro ambiente.
Delle abbiamo detto centinaia di migliaia piante identificate sulla terre
solo 300 sono usate per un qualsiasi uso alimentare e poco più per altri usi ma
nel corso dei millenni probabilmente più del 90% di queste sono state passibili
di qualche tentativo di domesticazione.
Durante questo processo s’attuava una selezione con criteri di selezione
variabili e specifici relazionati all’esigenze di quella determinata epoca.
La selezione (domesticazione) portava per lo più ad ottenere piante con
la più alta produttività unita ad una qualità organolettica e resistenza alle
avversità, ciò ha fatto volutamente tralasciare tutte quelle piante che non
erano originariamente commestibili perchè aventi un tenore tossico notevole.
Ecco allora che piante una volta deprezzate e non addomesticate, spesso perchè
non commestibili, sono ora rivalutate e usate come piante da energia. I criteri
di selezione sono cambiate essendo piante da non destinare all’alimentazione
umana. Il fattore che guida la selezione nel campo delle colture da biomassa,
ora è sempre avere un’alta produzione ma unità alla più alta rusticità.
La selezione originariamente nelle prime comunità di caccia-raccoglitori
partiva dal consumo diretto dopo la raccolta del prodotto da piante spontanee spinti dalla fame, se la pianta non
era commestibile o addirittura tossica il nostro cacciatore raccoglitore moriva
o ne traeva dolore e questo era un incentivo affinché questo facesse da monito
a tutta la comunità che evitava di cibarsi di quella determinata pianta(questo
processo è descritto nei libri sacri di tante civiltà).
Alla fine per esperienza diretta la comunità capiva di quali piante
poteva cibarsi e quali erano tossiche ad esempio, ma in questa fase l’attività
principale rimane la caccia.
Le piante commestibili i cui semi erano mangiati passavano nel tratto
digerente e se disponevano di tegumenti gastro-resistenti, venivano disseminati
dalla comunità nell’area attorno il villaggio, così attorno ai luoghi di rifugio
e transito dei nostri cacciatori raccoglitori abbondavano le specie
commestibili con una predominanza per le specie più usate nell’alimentazione.
Dato che v’erano primordiali
distinzioni tra ruolo della donna che accudiva i figli e raccoglieva radici,
cortecce, erbe, semi e frutti e dell’uomo che andava a caccia è probabile che
le donne raccogliessero il cibo vicino al riparo notturno avendo i figli al
seguito. Inoltre non aveva senso sprecare
più energie e correre più pericoli nel cercare un alimento di quanto calorie e
vantaggi questo fornisse realmente.
Questo comportava come conseguenza che le piante prescelte come cibo
erano sempre le più comuni, vicine ed energetiche. Caratteristiche che si
trovavano in abbondanza tra le specie di piante cresciute attorno al villaggio,
crescita quindi alimentata dal loro alto consumo presso la comunità.Erano così tralasciate piante
lontane dal villaggio, ed erano invece raccolti semi e frutti dalle piante più
comuni e commestibili. Quando i primi
cacciatori raccoglitori associarono l’idea del seme che germina alla pianta,
iniziarono a disseminarlo loro stessi direttamente, invece che indirettamente,
nasceva una rudimentale agricoltura. In una seconda fase s’inizio a prelevare
solo i semi da alcune piante che avevano produzioni particolarmente abbondanti
o la selezione era adoperata dall’ambiente stesso che con le sue notevoli
avversità non ancora bilanciate dal pre-agricoltore faceva sì che solo alcune
piante sopravvivessero alla siccità ad esempio.
Solo le piante più resistenti e
produttive tramandavano la loro discendenza. Ora se la pianta tossica
dell’esempio precedente è stata tralasciata, quando la comunità avrà piante
commestibili e avrà abbastanza cibo da queste con buone possibilità non riterrà
più degne di considerazione le piante originarie amare o tossiche che saranno
usate solo per le loro proprietà medicinali spinti dall’esigenza di trovare
sollievo ad un fastidio e osservando gli animali o per presunte proprietà
magiche per i riti che si desumevano principalmente dalla morfologia della
pianta (vedi il ginseng e la mandragora con la loro forma radicale
antropomorfa). La selezione massale nelle piante medicinali mira a preservare
il contenuto del principio attivo e la sua facile assunzione da parte dell’organismo
umano, tralasciando i fattori organolettici. Quindi un’oleaginosa amara non
diventa mai commestibile perchè è usata per il suo principio attivo (spesso
nelle comunità agricole tradizionali antiche le piante medicinali erano colte
nella foresta e non coltivate, la foresta era tenuta come una farmacia a cielo
aperto, solo con la distruzione della stessa da parte della comunità spinta
dalla crescita demografica per far posto alle colture agrarie si prese mano a
addomesticare piante per averle a portata d’uso), in ogni modo la selezione di
piante medicinali punta ad altri criteri.
L’altro motivo e che è possibile
che piante più renitenti alla domesticazione siano state abbandonate perchè le
disponibilità della comunità erano assicurate da altre colture già
addomesticate. La perdita quindi di
piante addomesticabili può essere avvenuta all’inizio dell’agricoltura per i
suddetti motivi, nella fase di sviluppo agricolo arcaico quando date le
disponibilità alimentari unite a sviluppo commerciale si tendeva a selezionare
ulteriormente le specie già addomesticate e ad ottenere varietà usando come
criterio di selezione la qualità per avere più sbocchi commerciali, portando
però ad una diminuizione della biodiversità agricola.
Per ultimo ai nostri tempi con la monocoltura e perdita di specie gia
addomesticate e varietà locali ma senza sbocchi commerciali privilegiando
specie e varietà con caratteristiche quali risposta all’azoto e resistenza
all’allettamento, uniformità dei caratteri, serbevolezza, grandi dimensioni e
soprattutto alto contenuto in zuccheri, amido e olio.
A cio’ però corrispondono nel
tentativo di massimizzare le rese, pericarpi ove presenti e pareti cellulari
sempre più sottili e spesso frutti mancanti dei mezzi di difesa originari ad esempio
come successo nel cartamo ove s’è privilegiato uno spessore minore dei tessuti
di rivestimento del capolino nella selezione esponendo a maggiori rischi
parassitari la pianta (Dajuie, 1996). Piante deprezzate in passato sorgono ora
a nuovo splendore, e disponendo d’enormi possibilità grazie alle moderne
conoscenze genetiche possiamo velocizzare processi di domesticazione che una
volta richiedevano centinaia e centinaia d’anni in pochi decenni. I criteri di
selezione sono cambiati rispetto al passato dove era fondamentale la risposta
alla concimazione azotata (e la resistenza all’allettamento come per alcuni
grani) con il variare delle esigenze .
Adesso ad esempio si basano in sintesi per le colture energetiche
oleaginose su : contenuto in olio, caratteristiche olio (n.iodio, cetano, viscosità, potere
calorifico), produzione su terreni poveri e spesso aridi; per le colture da biomassa su:
rusticità, alta produzione biomassa, caratteristiche di combustione (ceneri,
contenuto in acqua, potere calorifico), capacità d’utilizzare terreni poveri in
seccagna e bassa s.organica disponibile.
S’aprono così nuove possibilità per piante a volte abbandonate perché non
davano le stesse rese di fronte ad alti input rispetto ad altre che garantivano
una produzione direttamente proporzionale ad esempio all’azoto impiegato
(Elaborazione personale, 7-2006).
Oleaginose, in ordine
crescente secondo la produzione d’olio
(www.jouneytoforever.com).
Coltura
|
Produzione olio
|
|
kg/ha
|
l/ha
|
|
Mais
|
145
|
172
|
Anacardio
|
148
|
176
|
Lupino
|
195
|
232
|
Cotone
|
273
|
325
|
Canapa
|
305
|
363
|
Soia
|
375
|
446
|
Lino
|
402
|
478
|
Euforbia
|
440
|
524
|
Zucca
|
449
|
534
|
Coriandolo
|
450
|
536
|
Senape
|
481
|
572
|
Camelina
|
490
|
583
|
Sesamo
|
585
|
696
|
Cartamo
|
655
|
779
|
Albero di Tung.
|
790
|
940
|
Girasole
|
800
|
952
|
Cacao
|
863
|
1.026
|
Arachidi
|
890
|
1.059
|
Colza
|
1.000
|
1.190
|
Ricino
|
1.188
|
1.413
|
Pecan
|
1.505
|
1.791
|
Jojoba
|
1.528
|
1.818
|
Jatropha
|
1.590
|
1.892
|
Macadamia
|
1.887
|
2.246
|
Noci brasiliane
|
2.010
|
2.392
|
Avocado
|
2.217
|
2.638
|
Cocco
|
2.260
|
2.689
|
Palma da olio
|
5.000
|
5.950
|
Dalla Tabella possiamo renderci conto della varietà di
potenziali colture oleaginose a scopo bioenergico.
Molte di queste appartenevano alle “neglected-crops” fino
tempi relativamente recenti come la jatropha, oggi estesamente coltivata come
coltura oleaginosa low-input da energia.
Sorte simile potrebbe toccare ad alcune specie africane da
habitat arido studiate in Israele e Sud Africa per utilizzo futuro da low-input
(vedi FIG. 2).
Piante da olio ed etanolo africane per zone
aride semidesertiche, suscettibili di miglioramento genetico (Yaniv, 1995. Nerd, 1990. Nerd, 1993).
Nome
|
Classificazione botanica
|
Distribuzione e produzione
|
Caratteristiche prodotti
|
Limiti e pregi
|
Colocinto.
Bitter
apple.
|
Citrullus
colocynthis (L.)
Schrad.,
Famiglia
delle
Cucurbitaceae .
|
Sahara, Sahel in Africa e Mediterraneo (Sicilia). Cresce
con poca acqua in terreni poco fertili, salini, aridi.E’spontanea in zone
desertiche.Da 400 l/ha d’olio.
E’ oggetto di
miglioramento genetico.
|
Palmitico10%.
Stearico 7%,
Oleico 13%
Linoleico 70%.
(C18:2)
|
Ampia
collezione del germoplasma in Israele.
|
Yehib
|
Cordeauxia edulis
|
Arbusto che cresce su suoli aridi e poveri al confine
tra Somalia e Etiopia.
La pianta produce baccelli che contengono un solo seme
di 3 grammi ricco d'amidi e zuccheri
|
Produzione d'amido e lipidi in una zona
con
condizioni climatiche estreme.
|
La
ricerca sta proseguendo
|
Mongongo
|
Ricinodendron Rautenenii.
|
Albero deciduo grande, selvatico cresce su suoli sabbiosi
in Africa meridionale. Frutti grandi dolci con semi ricchi di lipidi (40%
s.s) e proteine (38% s.s). Molto
consumato nel Kalahari.
|
Ottime
pontezialità.
|
La ricerca è in progresso.No suoli
salini e carenti in ferro.
|
Marula
|
Sclerocarya birrea Caffra
|
Marula è un grande albero deciduo che cresce selvatico
in Africa Meridionale e settentrionale e parti della Botswana.
|
La polpa della sua frutta è
molto
zuccherina.
|
Il Sud Africa da diversi anni la seleziona .
|
Vernonia
|
Vernonia
galamensis
famiglia delle Asteraceae.
|
Africa tropicale.
Produzione sui 457 kg di seme/ha. Ha il 43% d’olio nei semi. 200 l/ha
olio.
|
Bassisima
viscosità.
Probabile
uso
puro
nei motori.
|
Molti usi industriali per l’olio.
|
Moringa.
|
Moringa oleifera
Famiglia delle Moringaceae.
|
Resa in olio 40%;
Ha il 66% d'a.oleico;
l7% di acido
behenico (Duke1998).
|
Produce 4-5 t/ha semi con 250 mm di piogge.
|
La polpa dei legumi disinfetta.Suoli max Ph9.
|
Ci sono più di 300 alberi o arbusti
selvatici che si conoscono produrre semi oleosi sotto-utilizzati ed etichettate come
“neglected crop” oggi al mondo.
Le
leguminose arboree (Tab.5.1.3), gruppo a cui appartengono piante come la Pongamia pinnata e la Madhuca
indica, oggi insieme tra i leaders del settore biodiesel indiano ed ex
neglected crop, sono piante utilizzate per l’agro-forestry con gran successo
perché alle alte produzioni di semi nei baccelli uniscono capacità uniche come
azoto-fissatori per arricchire il suolo, dando ombra e foraggio proteico per
gli animali allevati. Gran parte della
ricerca mondiale è focalizzata in India ove le specie d'arbusti locali
spontanee e semi-addomesticate sono state individuate e analizzate con successo
col fine ultimo d'aumentarne la resa in olio e utilizzarle come colture da
bioenergia ad alta resa lipidica.
Il
limite della maggior parte delle leguminose arboree è il lungo periodo per
entrare in produzione, l'alternanza ove presente, ma sopratutto la bassa
componente lipidica nei baccelli ove è secondaria alla componente proteica.
In
India la ricerca sulle piante arboree locali leguminose ha come
fine ultimo d'avviare un processo in cui le comunità rurali locali possano
essere autosufficienti sotto il piano energetico.
In Africa le leguminose arboree sono ben
rappresentate nelle zone di savana dalle varie specie d'acacie ricchezza
inesauribile per quelle aride terre. Molte leguminose arboree tropicali comuni
allo stato selvatico, tipiche “neglected plants”, s’apprestano a essere
impiegate per la produzione d’olio per uso bioenergetico in sistemi
d’agro-forestry complessi su terreni marginali invisi alle “food crops” o
colture alimentari.
Leguminose arboree a possibile uso bio-energico (Kebrak, 2001. Dukes, 1988).
Specie
|
Origine
|
Produzione
|
Usi
|
Suoli
|
Fabbisogno idrico.
|
Leucaena
L leucocephala
|
Leguminosa messicana
|
110
t/ha/anno di legna. Alta prod. baccelli.
|
Legna, baccelli, foraggio, olio.
|
Terreni poveri e marginali
|
400 mm
|
Mesquite.
Prosopis spp.
|
Leguminosa californiana
|
55%
amido nei baccelli.
20
t/ha.
|
Zuccheri,
foraggio,olio,
legna.
|
Terreni molto aridi e poveri
|
250 mm
|
In
Sud America le Ande e l’Amazzonia sono le zone che più hanno rifornito
l’agricoltura e l’industria alimentare moderna di grandi risorse genetiche sottoforma di piante
che come la patata nelle Ande e la manioca per l’Amazzonia una volta portate e
coltivate in Europa e Africa rispettivamente, ne hanno permesso la ripresa demografica.
Ma
molte piante indigene conosciute e spesso coltivate dalle popolazioni
precolombiane non hanno riscosso lo stesso successo se non al più come semplici
curiosità botaniche perché spesso adombrate da piante più note o produttive
dello stesso aerale.
In
particolare ciò è vero per gran parte dei tuberi andini, succubi della
popolarità della patata e della batata, e che non hanno raggiunto al di fuori
delle Ande alcuna diffusione.
Oggi
queste “neglected plant” sono state rivalutate e si sta approntando la loro
coltura a fini industriali, non ultimo un possibile uso come piante da
bio-etanolo.
Lo
Yacon, come vedremo più avanti è il primo di questi tuberi che negli ultimi due
decenni inizia a essere estesamente
coltivato al di fuori del suo aereale originario in Nuova Zelanda e Stati Uniti
come coltura amilacea-zuccherina da etanolo, ma la regione andina dispone
ancora di molte altre specie di tuberi e radici che in futuro potranno essere
usate per la produzione d’amido e zuccheri da convertire in etanolo una volta
che sarà terminato un adeguato lavoro di miglioramento genetico.
Tuberi
e radici della regione andina (Neglected
Crops: 1492 from a Different Perspective. Bermejo. FAO, Rome, Italy).
Specie
|
Nome
|
Famiglia
|
Produzione (t/ha)
|
Ciclo coltur.
|
Coltivazione e
usi vari
|
Oxalicus
tuberosum
|
Oca
|
Oxalicaceae
|
Max 97. Da 40 high Input,
10 low input.
|
250 gg.
|
Identico alla patata ma a low input da
produzioni maggiori.
|
Treofolium
tuberosum
|
Mashwa
|
Tropelaceae
|
70 t /ha.
75% materia secca.
|
225 gg.
|
Low input plants.
Da rese doppie della patata ai bassi
input,anafrodisiaca, rustica.
|
Mirabilis espansa
|
Mauka
|
Nyctaginaceae.
|
• Rese 12 t/ha high input, 52
t/ha low-input. Resa in biomassa verde per pianta 5 mesi di 7 kg.
|
225 gg.
|
Si consumano sia i getti che la
radice,in questo simile alla tannia. Si coltiva in intercropping col mais o
patata amara. Ricco d'elementi nutritivi.
|
Pachyrrhizus tuberosus
|
Potato bean,
jicama*
|
Leguminosae.
|
Tuberi di max 30 kg.
5%zuccheri,10% carboidrati.
Possibile uso per etanolo.
|
180-190gg.
|
Ha molto
rotenone che la rende indenne da parassiti.
|
Pachyrrhizus ahipa
|
Leguminosae
|
Tuberi grandi max 1 kg.
Da semi e tuberi.
|
150 gg.
|
I tuberi hanno
il 16% di proteine.
|
*l’origine è Amazzonia bassa, sud Paraguay
ma vegeta anche nell’amazz.peruviana.
L’Amazzonia con la sua infinita varietà genetica rappresenta
un autentico serbatoio di nuove specie che potrebbero essere addomesticate e
usate a fini medicinali, alimentari e se abbastanza produttive a scopo
energetico. La famiglia delle Areacecae
in particolare e le palme in genere amazzoniche potrebbero diventare delle importanti colture da olio, in un prossimo futuro.
Come è successo con il Babassu in questi tempi, che grazie
alla ricerca di cui è stato oggetto oggi è considerato con la soia, il ricino e
la canna da zucchero uno dei quattro pilastri del settore dei biocarburanti
brasiliano (www.estado.com.br,
2007).
Tra le palme ancora
del tutto selvatiche, la più diffusa in Brasile è l’Astrocaryum murumuru, i cui frutti sono raccolti da piante
spontanee, ma vi sono moltissime palme nei tropici americani usate
tradizionalmente come fonte di olio vegetale dagli indigeni. Attualmente in
zone rurali e isolate sono tutt'ora la fonte di grassi principale della
popolazione meticcia. Alcune di loro hanno il potenziale da coltura
industriale, ma in tal caso ci vorrebbe del tempo dato che devono essere
addomesticate, selezionate e sviluppate le tecniche colturali. Le palme selvatiche
più importanti sono divise per famiglia in tabella (Franklin, 1999).
Divisione per famiglie e classificazione per le palme selvatiche da olio
Classificazione
|
Nome comune
|
Origine
|
Acrocomia
|
||
Glaucophylla
|
Catala
|
Brasile
|
Mexicana
|
Coyal
|
Messico, Guatemala
|
Slerocarpa
|
Macauaba
|
Sud America, Caraibi
|
Totai
|
Mbocaya
|
Brasile, Paraguay
|
Astrocaryum
|
||
Aculeatum
|
Aguire
|
Guyana inglese
|
Jaurari
|
Jauary
|
Brasile
|
Macrocarpum
|
Tucumassu
|
Brasile
|
Murumuru
|
Murumuru
|
Brasile
|
Princeps
|
Tucumassu
|
Brasile
|
Tucuma
|
Tucum
|
Brasile
|
Vulgare
|
Tucuma
|
Sud e Nord America
|
Elaeis
|
||
Oleifera
|
Palma da olio americana
|
America tropicale
|
Jessenia
|
||
Bataua
|
Patawa
|
Brasile e Venezuela
|
Oenocarpus
|
||
Bacaba
|
Bacaba
|
Brasile
|
Distichus
|
Bacaba
|
Brasile
|
Minor
|
Bacabai
|
Brasile
|
Multicaulis
|
Bacaba mirim
|
Brasile
|
Orbignya
|
||
Cohune
|
Cohune
|
Messico, America Centrale
|
Excelsa
|
Uracuri
|
Brasile
|
Scheelea
|
||
Costaricense
|
Ovest Costa Rica
|
|
Macrocarpa
|
Brasile
|
Ultimamente il governo brasiliano ha avviato
studi in contemporanea con l’Università di Honenhaim per la raccolta e lo
sfruttamento delle oleaginose direttamente allo stato spontaneo nello stato
Amazzonico del Parà, considerato come una delle aree con la più alta produzione
di semi oleaginosi del mondo da piante allo stato spontaneo (Amazonas.com, Tropentag.org 2007). Nella tabella sono illustrati i risultati d’alcune ricerche.
Alcune palme e alberi amazzonici passibili di futuro
sfruttamento bioenergico.
(Frutales y hortalizas promisisorios por la Amazonas, 2006.
www.Amazonas.com).
Nome
|
Classificazione
botanica
|
Distribuzione e
produzione
|
Caratteristiche
prodotti
|
Limiti e pregi
|
Colocinto.
Bitter apple.
|
Citrullus colocynthis (L.) Schrad.,
Famiglia delle
Cucurbitaceae .
|
Sahara, Sahel in
Africa e Mediterraneo (Sicilia). Cresce con poca acqua in terreni poco
fertili, salini, aridi.E’spontanea in zone desertiche.Da 400 l/ha d’olio.
E’ oggetto di miglioramento genetico.
|
Palmitico10%.
Stearico
7%,
Oleico
13%
Linoleico
70%.
(C18:2)
|
Ampia collezione del germoplasma in Israele.
|
Yehib
|
Cordeauxia edulis
|
Arbusto che cresce su
suoli aridi e poveri al confine tra Somalia e Etiopia.
La pianta produce
baccelli che contengono un solo seme di 3 grammi ricco d'amidi e zuccheri
|
Produzione d'amido e
lipidi in una zona
con condizioni climatiche estreme.
|
La ricerca sta proseguendo
|
Mongongo
|
Ricinodendron
Rautenenii.
|
Albero deciduo
grande, selvatico cresce su suoli sabbiosi in Africa meridionale. Frutti
grandi dolci con semi ricchi di lipidi (40% s.s) e proteine (38% s.s). Molto consumato nel Kalahari.
|
Ottime pontezialità.
|
La ricerca è in
progresso.No suoli
salini e carenti in
ferro.
|
Marula
|
Sclerocarya birrea
Caffra
|
Marula è un grande
albero deciduo che cresce selvatico in Africa Meridionale e settentrionale e
parti della Botswana.
|
La polpa della sua
frutta è
molto zuccherina.
|
Il Sud Africa da
diversi anni la seleziona .
|
Vernonia
|
Vernonia
galamensis
famiglia delle Asteraceae.
|
Africa tropicale.
Produzione sui 457 kg
di seme/ha. Ha il 43%
d’olio nei semi. 200 l/ha olio.
|
Bassisima
viscosità.
Probabile uso
puro nei motori.
|
Molti usi industriali
per l’olio.
|
Moringa.
|
Moringa oleifera
Famiglia delle Moringaceae.
|
Resa in olio 40%;
Ha il 66% d'a.oleico;
l7% di acido behenico (Duke1998).
|
Produce 4-5 t/ha semi
con 250 mm di piogge.
|
La polpa dei legumi
disinfetta.Suoli max Ph9.
|
Nella
tabella vi sono delle palme “neglecteds” dalle ottime potenzialità come
colture oleaginose. Lo studio riguarda principalmente il Costa Rica e l’America
Centrale,
altra
zona a grande biodiversità.
Palme
da possibile impiego per Biodiesel.
(CATIE, 1983. FAO-CATIE.
Palmeras poco utilizadas de América Tropical. Berger. Tropentag,
2005).
Specie
|
Nome comune
|
Resa in olio del frutto intero
|
Considerazione scientifica
|
Attalea microcarpa
|
Coro
curua
|
37%
|
Potenziale pianta da biodiesel.
Da alte rese
su terreni poveri.
|
Oenocarpus bataua
|
Pataua'
|
78%
|
Olio simile all'olio d'oliva.
Potenziale pianta da biodiesel
|
Attalea maripa
|
Potenziale pianta da . Biodiesel
|
||
Astrocaryum spp
|
50%
polpa, 45% seme.
|
Potenziale pianta da biodiesel
|
|
Carapa guainasensis
|
Andiroba
|
56%
|
|
Mauritia vinifera
|
Buriti.
|
25%
|
|
Virola surinamensis
|
Ucuuba
|
65-76%.
|
|
Acrocomia aculeata
|
Mucaja
|
35%
polpa, 55% nocciolo
|
Considerata pianta da biodiesel
potenziale.
|
Bertolletia excelsa
|
Noce
del
Brasile
|
65%
|
|
Dipterix odorata
|
Cumaru
|
43%
|
|
Oenocarpus babatua
|
Babaca
|
22%
|
Vi è un genere botanico molto
diffuso nel Sud America con specie dall’alto tenore lipidico nei frutti e nei
semi questo è il Caryocar della
famiglia delle Caryocaraceae.
Morfologicamente alcune specie assomigliano alla guava.
Heinz (vedi tabella) famoso
botanico tedesco già nel 1989 in un suo libro intitolato:“Useful plant of
neotropical origin”; evidenzia come il genere Caryocar sia: “genere che include specie che potranno essere
sviluppate come eccellenti risorse d’olio vegetale per uso industriale e
sfruttamento su larga scala”.
Alcune delle specie più
rilevanti del genere sono riportate in Tabella.
Specie rilevanti del genere Caryocar(Brucher1989).
Specie
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Nome
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Origine
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Caratteristica
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Usi
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Caryocar
brasiliensis
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Piqui brava
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Bolivia,
Brasile,
Paraguay
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Semi ricchi in olio
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Pianta da
legno pregiato e semi ricchissimi in olio.
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Caryocar nuciferum
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Butter nut
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Venezuela,
Guayana
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Frutti legnosi con 4 semi con
75% grassi,
14% proteine
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Il
pericarpo ha pricipio tossico, olio usato in cucina.
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Caryocar villosum
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Pequia.
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Brasile
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Frutti globosi, con pericarpo
ricco in olio il 72%.
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L’olio è
usato per fare sapone e cucinare.
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Il Messico centrale e
meridionale e gli Stati Uniti centrali offrono diverse specie molto
interessanti per un loro uso come piante da bioenergia. In particolare piante
promettenti sono la Chan e la Chia messicane oleaginose low input da
arido-coltura
Gli Stati Uniti oltre alla
lesquerella, al girasole e al topinambur che tratto diffusamente in altre sedi
detengono altre specie selvatiche potenzialmente utili per l’agricoltura low
input come la “Buffalo Gourd”, ottima coltura poliedrica per zone semi aride,
l’euphorbia infine è coltura verso la quale in passato sono state nutrite
grandi speranze per un possibile uso in grande scala per la produzione di
biocarburanti a partire dal suo idrocarburo naturale che produce in grandi
quantità. Sfortunatamente le rese reali si sono dimostrate molto diverse da
quelle teoriche previste e il progresso nel miglioramento genetico della pianta
è stato arrestato per mancanza di finanziamenti
Neglected crop per zone aride dal centro e nord America.
(Ayerza, 1996; Thompson, 1990. Goodin, 1984).
Nome comune.
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Nome botanico e famiglia.
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Origine, diffusione
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Produzioni (kg/ha).
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Caratteristiche.
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Chan
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Hyptis suaveolens.
Labiateae.
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Messico centrale. Zone aride.
Regno Atzeco
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1.770.
12% olio nei semi.
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80% acido linoleico nei semi.
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Chia
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Salvia hispanica.
Labiateae.
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Messico meridionale.
Zone aride. Regno Atzeco
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1.620.
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40% d’olio nei semi. 60% linoleico.
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Buffalo Gourd
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Cucurbita foetidissima
Cucurbita-
ceae.
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Stati Uniti centrali. Cresce
in zone aride (Goodin, 1974)
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35.
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Foraggio, proteine,
olio con: 66% linoleico;
23% oleico, amido,
etanolo .
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Euforbia
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Euphorbia Lathyris.
Euphorbia-
ceae.
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Arizona. Servono 700 mm
d’acqua.
Arbusto per zone semi-aride
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Da 7 a 25 bbl/ha di
biocarburante.
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Produce un lattice che se
trasformato è un ottimo biocarburante.
Bisogna però incrementare la
resa.
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Nella tabella vi sono
alcune piante d’origine sud-americana dalle caratteristiche più svariate ma
unite da due particolarità essere tutt’oggi reperibili allo stato spontaneo nel
continente e produrre alti quantitativi d’amido e grassi in condizioni spesso
difficili.
La Maranta arundinacea e la Colathea
allovia fanno parte delle Marantaceae
e sono erbacee con grossi tuberi ricchi in amido e zucchero. Dalla C. allovia è ricavata la famosa cera
carnauba incidendo le foglie. L’oticia tree brasiliano e la Coryodendron orinocense sono grandi
alberi uniti dalla grande resistenza a condizioni caldo-aride.
L’euforbiacea è sfavorita dal
lungo tempo per entrare in produzione. L’oticia tree invece è molto
interessante per un futuro da low input crop.
Infine la Fevillea
cordifolia è liana dalle alte produzioni di cui parlo diffusamente più
avanti e la Madia sativa è anch’essa
un oleaginosa che ricorda il cartamo per le caratteristiche uniche di
resistenza all’aridità e l’habitat prescelto. La madia sativa è stata una pianta molto importante per gli Auracani
importante popolo indigeno dell’Argentina e del sud cileno che oppose strenua
resistenza agli invasori europei fino ad essere sterminato e con loro venne
persa col tempo sia la memoria che molta delle varietà da loro addomesticate.
La Madia o “Araucaniarus oil plant” per gli inglesi, era l’unica fonte
d’olio del loro territorio e per questo coltivata diffusamente.
E’ ricoperta di ghiandole
oleifere, particolare che le permette una grande resistenza ai parassiti.
Nel 1944 germoplasma è stato
prelevato in Cile e coltivato per alcuni anni in Austria da etnobotanici
tedeschi. Sono state ottenute varie cultivar con olio di qualità simile al
girasole. Le cultivar hanno capolini compatti con frutti con pappi e acheni
cuneiformi. Ha altissima resistenza all’aridità a cui unisce alte produzioni
d’olio pari a 1.700 kg/ha di semi secchi con una percentuale d’olio del 35%. L’olio
ottenuto è costituito per il 78% da acido linoleico ed ha un numero di iodio
tra 121 e 128.
E’ considerata da Heinz Brucher,
famoso etnobotanico tedesco: “futura pianta da olio per zone aride e
marginali”.
Varie neglected plants
oleaginose e amidacee da possibile uso low input.(Brucher, 1989).
Specie
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Famiglia e origine
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Produzione
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Usi
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Caratteristiche
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Maranta arundinacea
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Marantaceae.
Sud America..
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13
t/ha (low input); 37
t/ha (high input).
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Ha il 21% amido e zucchero.
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2% proteine.
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Colathea allovia Lindl.
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Marantaceae.
Gran Colombia.
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Produce 10 t/ha d’amido.
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L’amido è ricco in levulosio.
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Cera carnauba dalle foglie.
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Liconia sclerophylla(M.)
Oiticia tree
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Chrysobalanaceae
N.E Brasile.
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500 kg/albero/anno
di semi con
60% in lipidi.
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Vegeta in zone aride.
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Grande albero d’ombra.
Olio simile al Tung.
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Coryodendron orinocense
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Euforbiaceae
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5 t/ha d’olio.
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10 anni per entrare in
produzione.
|
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Fevillea cordifolia.
Abilla,abiria.
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Cucurbitaceae.
Costarica,
Amazzonia
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Liana che produce da 800 a
3.000 kg/ha olio.
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50 peponidi
pianta. Alta%
a.stearico oil.
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Liana dioica con foglie e
viticci.
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Madia sativa Mal.
Madi.
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Compositae.
Cile. Argentina. Pianta da olio degli Auracani.
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1.700 kg/ha s.s. di semi con
35% olio. Suoli poveri e
secchi.
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Possibile pianta da Biodiesel
low input.
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N.Iodo di 121-128.
78% a.linoleico.
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