venerdì 10 aprile 2015

LE NEGLECTED CROPS

Pensate. Allo stato attuale su 350.000 specie di piante esistenti nel mondo solo 300 (pari allo 0,1%) sono usate dall'uomo come fonte di cibo e altri usi. Di queste solo una ventina è fondamentale per l'alimentazione. In particolare solo poche varietà di grano, riso, mais e patate assicurano 80% della produzione alimentare consumata sulla terra. La tendenza ad utilizzare un numero sempre più ristretto di specie vegetali che è iniziata con l'agricoltura commerciale, ha come conseguenza un’enorme erosione genica
(Formica, 2002).

Diamond un etnoantropologo ha fatto notare in un suo saggio (2000) come le grandi civiltà del passato siano da relazionare alla disponibilità che la popolazione aveva di specie vegetali addomesticabili nel suo aerale.
In breve il mais e i fagioli hanno fatto nascere la civiltà atzeca, la patata, la quinoa e l’amaranto, l’andina, il grano e i ceci, le mesopotamiche fino al farro fave e cavolo dei romani e al riso e soia dei cino-giapponesi.
L’america del nord oltre ad alcuni tipi di fagioli ad ovest ad est aveva solo il girasole e (del mais come nella costa occidentale del basso Canada ma erano varietà selvatiche a piccola base genetica a differenza del Messico) a disposizione e infatti, è stata popolata  da cacciatori raccoglitori fino all’arrivo degli europei che vi hanno introdotto le loro colture.
Diamond dall’analisi delle possibili specie addomesticabili conclude come la ricchezza dei popoli sia da relazionare alla biodiversità del loro ambiente.
Delle abbiamo detto centinaia di migliaia piante identificate sulla terre solo 300 sono usate per un qualsiasi uso alimentare e poco più per altri usi ma nel corso dei millenni probabilmente più del 90% di queste sono state passibili di qualche tentativo di domesticazione.
Durante questo processo s’attuava una selezione con criteri di selezione variabili e specifici relazionati all’esigenze di quella determinata epoca.
La selezione (domesticazione) portava per lo più ad ottenere piante con la più alta produttività unita ad una qualità organolettica e resistenza alle avversità, ciò ha fatto volutamente tralasciare tutte quelle piante che non erano originariamente commestibili perchè aventi un tenore tossico notevole. Ecco allora che piante una volta deprezzate e non addomesticate, spesso perchè non commestibili, sono ora rivalutate e usate come piante da energia. I criteri di selezione sono cambiate essendo piante da non destinare all’alimentazione umana. Il fattore che guida la selezione nel campo delle colture da biomassa, ora è sempre avere un’alta produzione ma unità alla più alta rusticità.
La selezione originariamente nelle prime comunità di caccia-raccoglitori partiva dal consumo diretto dopo la raccolta del prodotto da piante  spontanee spinti dalla fame, se la pianta non era commestibile o addirittura tossica il nostro cacciatore raccoglitore moriva o ne traeva dolore e questo era un incentivo affinché questo facesse da monito a tutta la comunità che evitava di cibarsi di quella determinata pianta(questo processo è descritto nei libri sacri di tante civiltà).
Alla fine per esperienza diretta la comunità capiva di quali piante poteva cibarsi e quali erano tossiche ad esempio, ma in questa fase l’attività principale rimane la caccia.
Le piante commestibili i cui semi erano mangiati passavano nel tratto digerente e se disponevano di tegumenti gastro-resistenti, venivano disseminati dalla comunità nell’area attorno il villaggio, così attorno ai luoghi di rifugio e transito dei nostri cacciatori raccoglitori abbondavano le specie commestibili con una predominanza per le specie più usate nell’alimentazione.
Dato che v’erano primordiali distinzioni tra ruolo della donna che accudiva i figli e raccoglieva radici, cortecce, erbe, semi e frutti e dell’uomo che andava a caccia è probabile che le donne raccogliessero il cibo vicino al riparo notturno avendo i figli al seguito. Inoltre non aveva senso sprecare più energie e correre più pericoli nel cercare un alimento di quanto calorie e vantaggi questo fornisse realmente.
Questo comportava come conseguenza che le piante prescelte come cibo erano sempre le più comuni, vicine ed energetiche. Caratteristiche che si trovavano in abbondanza tra le specie di piante cresciute attorno al villaggio, crescita quindi alimentata dal loro alto consumo presso la comunità.Erano così tralasciate piante lontane dal villaggio, ed erano invece raccolti semi e frutti dalle piante più comuni e  commestibili. Quando i primi cacciatori raccoglitori associarono l’idea del seme che germina alla pianta, iniziarono a disseminarlo loro stessi direttamente, invece che indirettamente, nasceva una rudimentale agricoltura. In una seconda fase s’inizio a prelevare solo i semi da alcune piante che avevano produzioni particolarmente abbondanti o la selezione era adoperata dall’ambiente stesso che con le sue notevoli avversità non ancora bilanciate dal pre-agricoltore faceva sì che solo alcune piante sopravvivessero alla siccità ad esempio.
Solo le piante più resistenti e produttive tramandavano la loro discendenza. Ora se la pianta tossica dell’esempio precedente è stata tralasciata, quando la comunità avrà piante commestibili e avrà abbastanza cibo da queste con buone possibilità non riterrà più degne di considerazione le piante originarie amare o tossiche che saranno usate solo per le loro proprietà medicinali spinti dall’esigenza di trovare sollievo ad un fastidio e osservando gli animali o per presunte proprietà magiche per i riti che si desumevano principalmente dalla morfologia della pianta (vedi il ginseng e la mandragora con la loro forma radicale antropomorfa). La selezione massale nelle piante medicinali mira a preservare il contenuto del principio attivo e la sua facile assunzione da parte dell’organismo umano, tralasciando i fattori organolettici. Quindi un’oleaginosa amara non diventa mai commestibile perchè è usata per il suo principio attivo (spesso nelle comunità agricole tradizionali antiche le piante medicinali erano colte nella foresta e non coltivate, la foresta era tenuta come una farmacia a cielo aperto, solo con la distruzione della stessa da parte della comunità spinta dalla crescita demografica per far posto alle colture agrarie si prese mano a addomesticare piante per averle a portata d’uso), in ogni modo la selezione di piante medicinali punta ad altri criteri.
L’altro motivo e che è possibile che piante più renitenti alla domesticazione siano state abbandonate perchè le disponibilità della comunità erano assicurate da altre colture già addomesticate.  La perdita quindi di piante addomesticabili può essere avvenuta all’inizio dell’agricoltura per i suddetti motivi, nella fase di sviluppo agricolo arcaico quando date le disponibilità alimentari unite a sviluppo commerciale si tendeva a selezionare ulteriormente le specie già addomesticate e ad ottenere varietà usando come criterio di selezione la qualità per avere più sbocchi commerciali, portando però ad una diminuizione della biodiversità agricola.
Per ultimo ai nostri tempi con la monocoltura e perdita di specie gia addomesticate e varietà locali ma senza sbocchi commerciali privilegiando specie e varietà con caratteristiche quali risposta all’azoto e resistenza all’allettamento, uniformità dei caratteri, serbevolezza, grandi dimensioni e soprattutto alto contenuto in zuccheri, amido e olio.
A cio’ però corrispondono nel tentativo di massimizzare le rese, pericarpi ove presenti e pareti cellulari sempre più sottili e spesso frutti mancanti dei mezzi di difesa originari ad esempio come successo nel cartamo ove s’è privilegiato uno spessore minore dei tessuti di rivestimento del capolino nella selezione esponendo a maggiori rischi parassitari la pianta (Dajuie, 1996). Piante deprezzate in passato sorgono ora a nuovo splendore, e disponendo d’enormi possibilità grazie alle moderne conoscenze genetiche possiamo velocizzare processi di domesticazione che una volta richiedevano centinaia e centinaia d’anni in pochi decenni. I criteri di selezione sono cambiati rispetto al passato dove era fondamentale la risposta alla concimazione azotata (e la resistenza all’allettamento come per alcuni grani) con il variare delle esigenze .
Adesso ad esempio si basano in sintesi per le colture energetiche oleaginose su : contenuto in olio, caratteristiche olio (n.iodio, cetano, viscosità, potere calorifico), produzione su terreni poveri e spesso aridi; per le colture da biomassa su: rusticità, alta produzione biomassa, caratteristiche di combustione (ceneri, contenuto in acqua, potere calorifico), capacità d’utilizzare terreni poveri in seccagna e bassa s.organica  disponibile.
S’aprono così nuove possibilità per piante a volte abbandonate perché non davano le stesse rese di fronte ad alti input rispetto ad altre che garantivano una produzione direttamente proporzionale ad esempio all’azoto impiegato (Elaborazione personale, 7-2006).

Oleaginose, in ordine crescente secondo la produzione d’olio
(www.jouneytoforever.com).

Coltura
Produzione olio
kg/ha
l/ha
Mais 
145
172
Anacardio
148
176
Lupino
195
232
Cotone
273
325
Canapa
305
363
Soia
375
446
Lino
402
478
Euforbia
440
524
Zucca
449
534
Coriandolo
450
536
Senape
481
572
Camelina
490
583
Sesamo
585
696
Cartamo
655
779
Albero di Tung.
790
940
Girasole
800
952
Cacao
863
1.026
Arachidi
890
1.059
Colza
1.000
1.190
Ricino
1.188
1.413
Pecan 
1.505
1.791
Jojoba
1.528
1.818
Jatropha
1.590
1.892
Macadamia 
1.887
2.246
Noci brasiliane
2.010
2.392
Avocado
2.217
2.638
Cocco
2.260
2.689
 Palma da olio
5.000
5.950



Dalla Tabella possiamo renderci conto della varietà di potenziali colture oleaginose a scopo bioenergico.
Molte di queste appartenevano alle “neglected-crops” fino tempi relativamente recenti come la jatropha, oggi estesamente coltivata come coltura oleaginosa low-input da energia.
Sorte simile potrebbe toccare ad alcune specie africane da habitat arido studiate in Israele e Sud Africa per utilizzo futuro da low-input (vedi FIG. 2).

Piante da olio ed etanolo africane per zone aride semidesertiche, suscettibili di miglioramento genetico (Yaniv, 1995. Nerd, 1990. Nerd, 1993). 

Nome
Classificazione botanica
Distribuzione e produzione
Caratteristiche prodotti
Limiti e pregi
Colocinto.
Bitter apple.
Citrullus colocynthis (L.) Schrad.,
Famiglia delle
Cucurbitaceae .
Sahara, Sahel in Africa e Mediterraneo (Sicilia). Cresce con poca acqua in terreni poco fertili, salini, aridi.E’spontanea in zone desertiche.Da 400 l/ha d’olio.
E’ oggetto di  miglioramento genetico. 
Palmitico10%.
Stearico 7%,
Oleico 13%
Linoleico 70%.
 (C18:2)
Ampia collezione del germoplasma in Israele.
Yehib
Cordeauxia edulis
Arbusto che cresce su suoli aridi e poveri al confine tra Somalia e Etiopia.
La pianta produce baccelli che contengono un solo seme di 3 grammi ricco d'amidi e zuccheri
Produzione d'amido e lipidi in una zona
con condizioni climatiche estreme.
La ricerca sta proseguendo
Mongongo
Ricinodendron Rautenenii.
Albero deciduo grande, selvatico cresce su suoli sabbiosi in Africa meridionale. Frutti grandi dolci con semi ricchi di lipidi (40% s.s) e proteine (38% s.s). Molto consumato nel Kalahari.
Ottime pontezialità.
La ricerca è in progresso.No suoli
salini e carenti in ferro.
Marula
Sclerocarya birrea Caffra
Marula è un grande albero deciduo che cresce selvatico in Africa Meridionale e settentrionale e parti della Botswana.
La polpa della sua frutta  è
molto zuccherina.
Il Sud Africa da diversi anni la seleziona .
Vernonia
Vernonia galamensis famiglia delle Asteraceae.
Africa tropicale.
Produzione sui 457 kg di seme/ha. Ha il 43% d’olio nei semi. 200 l/ha olio.
Bassisima
viscosità.
Probabile uso
puro nei motori.
Molti usi industriali per l’olio.
Moringa.
Moringa oleifera
Famiglia delle   Moringaceae.
Resa in olio 40%;
Ha il 66% d'a.oleico;
l7% di  acido behenico (Duke1998).
Produce 4-5 t/ha semi con 250 mm di piogge.
La polpa dei legumi disinfetta.Suoli max Ph9.



Ci sono più di 300 alberi o arbusti selvatici che si conoscono produrre semi oleosi sotto-utilizzati ed etichettate come “neglected  crop” oggi al mondo.
Le leguminose arboree (Tab.5.1.3), gruppo a cui appartengono piante come la Pongamia pinnata  e la Madhuca indica, oggi insieme tra i leaders del settore biodiesel indiano ed ex neglected crop, sono piante utilizzate per l’agro-forestry con gran successo perché alle alte produzioni di semi nei baccelli uniscono capacità uniche come azoto-fissatori per arricchire il suolo, dando ombra e foraggio proteico per gli animali allevati.  Gran parte della ricerca mondiale è focalizzata in India ove le specie d'arbusti locali spontanee e semi-addomesticate sono state individuate e analizzate con successo col fine ultimo d'aumentarne la resa in olio e utilizzarle come colture da bioenergia ad alta resa lipidica.
Il limite della maggior parte delle leguminose arboree è il lungo periodo per entrare in produzione, l'alternanza ove presente, ma sopratutto la bassa componente lipidica nei baccelli ove è secondaria alla componente proteica.
In India la ricerca sulle piante arboree locali leguminose ha  come  fine ultimo d'avviare un processo in cui le comunità rurali locali possano essere autosufficienti sotto il piano energetico.
In Africa le leguminose arboree sono ben rappresentate nelle zone di savana dalle varie specie d'acacie ricchezza inesauribile per quelle aride terre. Molte leguminose arboree tropicali comuni allo stato selvatico, tipiche “neglected plants”, s’apprestano a essere impiegate per la produzione d’olio per uso bioenergetico in sistemi d’agro-forestry complessi su terreni marginali invisi alle “food crops” o colture alimentari.

Leguminose arboree a possibile uso bio-energico (Kebrak, 2001. Dukes, 1988).

Specie
Origine
Produzione
Usi
Suoli
Fabbisogno idrico.
Leucaena
L leucocephala
Leguminosa messicana
110 t/ha/anno di legna. Alta prod. baccelli.
Legna, baccelli, foraggio, olio.
Terreni poveri e marginali
400 mm
Mesquite.
Prosopis spp.
Leguminosa californiana
55% amido nei baccelli.
20 t/ha.
Zuccheri,
foraggio,olio,
legna.
Terreni molto aridi e poveri
250 mm
In Sud America le Ande e l’Amazzonia sono le zone che più hanno rifornito l’agricoltura e l’industria alimentare moderna di  grandi risorse genetiche sottoforma di piante che come la patata nelle Ande e la manioca per l’Amazzonia una volta portate e coltivate in Europa e Africa rispettivamente, ne hanno permesso la ripresa demografica.
Ma molte piante indigene conosciute e spesso coltivate dalle popolazioni precolombiane non hanno riscosso lo stesso successo se non al più come semplici curiosità botaniche perché spesso adombrate da piante più note o produttive dello stesso aerale.
In particolare ciò è vero per gran parte dei tuberi andini, succubi della popolarità della patata e della batata, e che non hanno raggiunto al di fuori delle Ande alcuna diffusione.
Oggi queste “neglected plant” sono state rivalutate e si sta approntando la loro coltura a fini industriali, non ultimo un possibile uso come piante da bio-etanolo.
Lo Yacon, come vedremo più avanti è il primo di questi tuberi che negli ultimi due decenni inizia  a essere estesamente coltivato al di fuori del suo aereale originario in Nuova Zelanda e Stati Uniti come coltura amilacea-zuccherina da etanolo, ma la regione andina dispone ancora di molte altre specie di tuberi e radici che in futuro potranno essere usate per la produzione d’amido e zuccheri da convertire in etanolo una volta che sarà terminato un adeguato lavoro di miglioramento genetico.
Tuberi e radici della regione andina (Neglected Crops: 1492 from a Different Perspective. Bermejo. FAO, Rome, Italy).



Specie
Nome
Famiglia
Produzione (t/ha)
Ciclo coltur.
Coltivazione e usi vari
Oxalicus tuberosum
Oca
Oxalicaceae
Max 97. Da 40 high Input,
10 low input.
250 gg.
Identico alla patata ma a low input da produzioni maggiori.
Treofolium tuberosum
Mashwa
Tropelaceae
70 t /ha.
75% materia secca.
225 gg.
Low input plants.
Da rese doppie della patata ai bassi input,anafrodisiaca, rustica.
Mirabilis espansa
Mauka
Nyctaginaceae.
   Rese 12 t/ha high input, 52 t/ha low-input. Resa in biomassa verde per pianta  5 mesi di 7 kg.
225 gg.
Si consumano sia i getti che la radice,in questo simile alla tannia. Si coltiva in intercropping col mais o patata amara. Ricco d'elementi nutritivi.
Pachyrrhizus tuberosus
Potato bean,
jicama*
Leguminosae.
Tuberi di max 30 kg.
5%zuccheri,10% carboidrati.
Possibile uso per etanolo.
180-190gg.
Ha molto rotenone che la rende indenne da parassiti.
Pachyrrhizus ahipa
Leguminosae
Tuberi grandi max 1 kg.
Da semi e tuberi.
150 gg.
I tuberi hanno il 16% di proteine.

*l’origine è Amazzonia bassa, sud Paraguay ma vegeta anche nell’amazz.peruviana.

L’Amazzonia  con  la sua infinita varietà genetica rappresenta un autentico serbatoio di nuove specie che potrebbero essere addomesticate e usate a fini medicinali, alimentari e se abbastanza produttive a scopo energetico. La famiglia delle Areacecae in particolare e le palme in genere amazzoniche potrebbero diventare delle importanti colture da olio, in un prossimo futuro.
Come è successo con il Babassu in questi tempi, che grazie alla ricerca di cui è stato oggetto oggi è considerato con la soia, il ricino e la canna da zucchero uno dei quattro pilastri del settore dei biocarburanti brasiliano (www.estado.com.br, 2007).
Tra le palme ancora  del tutto selvatiche, la più diffusa in Brasile è l’Astrocaryum murumuru, i cui frutti sono raccolti da piante spontanee, ma vi sono moltissime palme nei tropici americani usate tradizionalmente come fonte di olio vegetale dagli indigeni. Attualmente in zone rurali e isolate sono tutt'ora la fonte di grassi principale della popolazione meticcia. Alcune di loro hanno il potenziale da coltura industriale, ma in tal caso ci vorrebbe del tempo dato che devono essere addomesticate, selezionate e sviluppate le tecniche colturali. Le palme selvatiche più importanti sono divise per famiglia in tabella (Franklin, 1999).

Divisione per famiglie e classificazione per  le palme selvatiche da olio

Classificazione
Nome comune
Origine
Acrocomia
Glaucophylla
Catala
Brasile
Mexicana
Coyal
Messico, Guatemala
Slerocarpa
Macauaba
Sud America, Caraibi
Totai
Mbocaya
Brasile, Paraguay
Astrocaryum
Aculeatum
Aguire
Guyana inglese
Jaurari
Jauary
Brasile
Macrocarpum
Tucumassu
Brasile
Murumuru
Murumuru
Brasile
Princeps
Tucumassu
Brasile
Tucuma
Tucum
Brasile
Vulgare
Tucuma
Sud e Nord America
Elaeis
Oleifera
Palma da olio americana
America tropicale
Jessenia
Bataua
Patawa
Brasile e Venezuela
Oenocarpus
Bacaba
Bacaba
Brasile
Distichus
Bacaba
Brasile
Minor
Bacabai
Brasile
Multicaulis
Bacaba mirim
Brasile
Orbignya
Cohune
Cohune
Messico, America Centrale
Excelsa
Uracuri
Brasile
Scheelea
Costaricense
Ovest Costa Rica
Macrocarpa
Brasile



Ultimamente il governo brasiliano ha avviato studi in contemporanea con l’Università di Honenhaim per la raccolta e lo sfruttamento delle oleaginose direttamente allo stato spontaneo nello stato Amazzonico del Parà, considerato come una delle aree con la più alta produzione di semi oleaginosi del mondo da piante allo stato spontaneo (Amazonas.com, Tropentag.org 2007). Nella tabella sono illustrati i risultati d’alcune ricerche.

Alcune  palme e alberi amazzonici passibili di futuro sfruttamento bioenergico.

(Frutales y hortalizas promisisorios por la Amazonas, 2006. www.Amazonas.com).



Nome
Classificazione botanica
Distribuzione e produzione
Caratteristiche prodotti
Limiti e pregi
Colocinto.
Bitter apple.
Citrullus colocynthis (L.) Schrad.,
Famiglia delle
Cucurbitaceae .
Sahara, Sahel in Africa e Mediterraneo (Sicilia). Cresce con poca acqua in terreni poco fertili, salini, aridi.E’spontanea in zone desertiche.Da 400 l/ha d’olio.
E’ oggetto di  miglioramento genetico. 
Palmitico10%.
Stearico 7%,
Oleico 13%
Linoleico 70%.
 (C18:2)
Ampia collezione del germoplasma in Israele.
Yehib
Cordeauxia edulis
Arbusto che cresce su suoli aridi e poveri al confine tra Somalia e Etiopia.
La pianta produce baccelli che contengono un solo seme di 3 grammi ricco d'amidi e zuccheri
Produzione d'amido e lipidi in una zona
con condizioni climatiche estreme.
La ricerca sta proseguendo
Mongongo
Ricinodendron Rautenenii.
Albero deciduo grande, selvatico cresce su suoli sabbiosi in Africa meridionale. Frutti grandi dolci con semi ricchi di lipidi (40% s.s) e proteine (38% s.s). Molto consumato nel Kalahari.
Ottime pontezialità.
La ricerca è in progresso.No suoli
salini e carenti in ferro.
Marula
Sclerocarya birrea Caffra
Marula è un grande albero deciduo che cresce selvatico in Africa Meridionale e settentrionale e parti della Botswana.
La polpa della sua frutta  è
molto zuccherina.
Il Sud Africa da diversi anni la seleziona .
Vernonia
Vernonia galamensis famiglia delle Asteraceae.
Africa tropicale.
Produzione sui 457 kg di seme/ha. Ha il 43% d’olio nei semi. 200 l/ha olio.
Bassisima
viscosità.
Probabile uso
puro nei motori.
Molti usi industriali per l’olio.
Moringa.
Moringa oleifera
Famiglia delle   Moringaceae.
Resa in olio 40%;
Ha il 66% d'a.oleico;
l7% di  acido behenico (Duke1998).
Produce 4-5 t/ha semi con 250 mm di piogge.
La polpa dei legumi disinfetta.Suoli max Ph9.




































































Nella tabella vi sono delle palme “neglecteds” dalle ottime potenzialità come colture oleaginose. Lo studio riguarda principalmente il Costa Rica e l’America Centrale,

altra zona a grande biodiversità.









Palme da possibile impiego per Biodiesel.

(CATIE, 1983. FAO-CATIE. Palmeras poco utilizadas de América Tropical. Berger. Tropentag, 2005).           

                                  

    Specie                           
Nome comune
Resa in olio del frutto intero
Considerazione scientifica
Attalea microcarpa
Coro curua
37%
Potenziale pianta da biodiesel. Da alte rese
su terreni poveri.
Oenocarpus bataua
Pataua'
78%
Olio simile all'olio d'oliva. Potenziale pianta da biodiesel
Attalea maripa
Potenziale pianta da . Biodiesel
Astrocaryum spp
50% polpa, 45% seme.
Potenziale pianta da biodiesel
Carapa guainasensis
Andiroba
56%
Mauritia vinifera
Buriti.
25%
Virola surinamensis
Ucuuba
65-76%.
Acrocomia aculeata
Mucaja
35% polpa, 55% nocciolo
Considerata pianta da biodiesel potenziale.
Bertolletia excelsa
Noce del
Brasile
65%
Dipterix odorata
Cumaru
43%
Oenocarpus babatua
Babaca
22%



Vi è un genere botanico molto diffuso nel Sud America con specie dall’alto tenore lipidico nei frutti e nei semi questo è il Caryocar della famiglia delle Caryocaraceae. Morfologicamente alcune specie assomigliano alla guava.
Heinz (vedi tabella) famoso botanico tedesco già nel 1989 in un suo libro intitolato:“Useful plant of neotropical origin”; evidenzia come il genere Caryocar sia: “genere che include specie che potranno essere sviluppate come eccellenti risorse d’olio vegetale per uso industriale e sfruttamento su larga scala”.
Alcune delle specie più rilevanti del genere sono riportate in Tabella.

Specie rilevanti del genere Caryocar(Brucher1989).



Specie
Nome
Origine
Caratteristica
Usi
Caryocar brasiliensis
Piqui brava
Bolivia,
Brasile,
Paraguay
Semi ricchi in olio
Pianta da legno pregiato e semi ricchissimi in olio.
Caryocar nuciferum
Butter nut
Venezuela,
Guayana
Frutti legnosi con 4 semi con 75% grassi,
 14% proteine
Il pericarpo ha pricipio tossico, olio usato in cucina.
Caryocar villosum
Pequia.
Brasile
Frutti globosi, con pericarpo ricco in olio il 72%.
L’olio è usato per fare sapone e cucinare.



Il Messico centrale e meridionale e gli Stati Uniti centrali offrono diverse specie molto interessanti per un loro uso come piante da bioenergia. In particolare piante promettenti sono la Chan e la Chia messicane oleaginose low input da arido-coltura  
Gli Stati Uniti oltre alla lesquerella, al girasole e al topinambur che tratto diffusamente in altre sedi detengono altre specie selvatiche potenzialmente utili per l’agricoltura low input come la “Buffalo Gourd”, ottima coltura poliedrica per zone semi aride, l’euphorbia infine è coltura verso la quale in passato sono state nutrite grandi speranze per un possibile uso in grande scala per la produzione di biocarburanti a partire dal suo idrocarburo naturale che produce in grandi quantità. Sfortunatamente le rese reali si sono dimostrate molto diverse da quelle teoriche previste e il progresso nel miglioramento genetico della pianta è stato arrestato per mancanza di finanziamenti

Neglected crop per zone aride dal centro e nord America.

(Ayerza, 1996; Thompson, 1990. Goodin, 1984).



Nome comune.
Nome botanico e famiglia.
Origine, diffusione
Produzioni (kg/ha).
Caratteristiche.
Chan
Hyptis suaveolens.
Labiateae.
Messico centrale. Zone aride. Regno Atzeco
1.770.
12% olio nei semi.
80% acido linoleico nei semi.
Chia
Salvia hispanica.
Labiateae.
Messico meridionale.
Zone aride.  Regno Atzeco
1.620.
40% d’olio nei semi. 60% linoleico.
Buffalo Gourd
Cucurbita foetidissima
Cucurbita-
ceae.
Stati Uniti centrali. Cresce in zone aride (Goodin, 1974)
35.
Foraggio, proteine,
olio con: 66% linoleico;
 23% oleico, amido,  etanolo .
Euforbia
Euphorbia Lathyris.
Euphorbia-
ceae.
Arizona. Servono 700 mm d’acqua.
Arbusto per zone semi-aride
Da 7 a 25 bbl/ha di biocarburante.
Produce un lattice che se trasformato è un ottimo biocarburante.
Bisogna però incrementare la resa.



Nella tabella vi sono alcune piante d’origine sud-americana dalle caratteristiche più svariate ma unite da due particolarità essere tutt’oggi reperibili allo stato spontaneo nel continente e produrre alti quantitativi d’amido e grassi in condizioni spesso difficili.
La Maranta arundinacea e la Colathea allovia fanno parte delle Marantaceae e sono erbacee con grossi tuberi ricchi in amido e zucchero. Dalla C. allovia è ricavata la famosa cera carnauba incidendo le foglie. L’oticia tree brasiliano e la Coryodendron orinocense sono grandi alberi uniti dalla grande resistenza a condizioni caldo-aride.
L’euforbiacea è sfavorita dal lungo tempo per entrare in produzione. L’oticia tree invece è molto interessante per un futuro da low input crop.
Infine la Fevillea cordifolia è liana dalle alte produzioni di cui parlo diffusamente più avanti e la Madia sativa è anch’essa un oleaginosa che ricorda il cartamo per le caratteristiche uniche di resistenza all’aridità e l’habitat prescelto. La madia sativa è stata una pianta molto importante per gli Auracani importante popolo indigeno dell’Argentina e del sud cileno che oppose strenua resistenza agli invasori europei fino ad essere sterminato e con loro venne persa col tempo sia la memoria che molta delle varietà da loro addomesticate.
La Madia o “Araucaniarus oil plant” per gli inglesi, era l’unica fonte d’olio del loro territorio e per questo coltivata diffusamente.
E’ ricoperta di ghiandole oleifere, particolare che le permette una grande resistenza ai parassiti.
Nel 1944 germoplasma è stato prelevato in Cile e coltivato per alcuni anni in Austria da etnobotanici tedeschi. Sono state ottenute varie cultivar con olio di qualità simile al girasole. Le cultivar hanno capolini compatti con frutti con pappi e acheni cuneiformi. Ha altissima resistenza all’aridità a cui unisce alte produzioni d’olio pari a 1.700 kg/ha di semi secchi con una percentuale d’olio del 35%. L’olio ottenuto è costituito per il 78% da acido linoleico ed ha un numero di iodio tra 121 e 128.
E’ considerata da Heinz Brucher, famoso etnobotanico tedesco: “futura pianta da olio per zone aride e marginali”.

Varie neglected plants oleaginose e amidacee da possibile uso low input.(Brucher, 1989).



Specie
Famiglia e origine
Produzione
Usi
Caratteristiche
Maranta arundinacea
Marantaceae.
Sud America..
13
t/ha (low input); 37
t/ha (high input).
Ha il 21% amido e zucchero.
2% proteine.
Colathea allovia Lindl.
Marantaceae.
Gran Colombia.
Produce 10 t/ha d’amido.
L’amido è ricco in levulosio.
Cera carnauba dalle foglie.
Liconia sclerophylla(M.)
Oiticia tree
Chrysobalanaceae
N.E Brasile.
500 kg/albero/anno
di semi con
60% in lipidi.
Vegeta in zone aride.
Grande albero d’ombra.
Olio simile al Tung.
Coryodendron orinocense
Euforbiaceae
5 t/ha d’olio.
10 anni per entrare in produzione.
Fevillea cordifolia.
Abilla,abiria.
Cucurbitaceae.
Costarica,
Amazzonia
Liana che produce da 800 a 3.000 kg/ha olio.
50 peponidi 
pianta. Alta%
 a.stearico oil.
Liana dioica con foglie e viticci.
Madia sativa Mal.
Madi.
Compositae.
Cile. Argentina. Pianta da olio degli Auracani.
1.700 kg/ha s.s. di semi con
35% olio. Suoli poveri e secchi.
Possibile pianta da Biodiesel low input.
N.Iodo di 121-128.
78% a.linoleico.

 

G.N.

Nessun commento:

Posta un commento