mercoledì 1 aprile 2015

AGRICOLTURA HIGH INPUT E LA DIFFUSIONE DELLE LOW INPUT CROP

La moderna agricoltura estensiva ad alti input energetici usa, con bassissima efficienza, due delle risorse più importanti e sempre meno disponibili: petrolio e acqua.
Usiamo i flussi energetici ausiliari per aumentare la produttività agricola.
L’efficienza energetica delle colture erbacee è intorno a 1 o meno EROEI (www.choren.com). Tralasciando gli elementi meno importanti essenzialmente sono tre i fattori limitanti in un terreno agrario: acqua, azoto, ossigeno disponibile.
L’ossigeno a disposizione è in relazione alla macroporosità ottenuta attraverso le lavorazioni agricole, l’acqua è resa sempre disponibile grazie all’irrigazione, l’azoto è fornito con l’apporto dei concimi sintetici inorganici.
Notiamo che le lavorazioni agricole richiedono energia sottoforma di carburanti derivati dal petrolio, l’irrigazione richiede macchine movimento acqua alimentate ad energia da fossili, e la sintesi dei concimi richiede petrolio.
In poche parole si è attuata una dissociazione tra l’agricoltura e il suo territorio.
Una prima incrinatura nel delicato equilibrio si è avuta con la rivoluzione agraria del guano peruviano e cileno dove concime organico “fossile” accumulato dagli uccelli delle scogliere cilene e peruviane nel corso dei millenni era estratto e usato nell’agricoltura determinando rese elevatissime che salvarono l’Europa dalla carestia dovuta alla sovrappopolazione per la rivoluzione industriale nell’ottocento.
L’equilibrio si ruppe definitivamente un pò di tempo dopo quando si scoprirono i concimi sintetici inorganici che costavano molto meno del guano ed erano quindi molto più disponibili.  La separazione tra territorio e agricoltura è evidente nel caso delle primizie dove sostituendo a criteri d’efficienza energetici criteri di mercato si hanno produzioni in periodi non adatti per quel genere di pianta o in luoghi e ambienti climatici non idonei.
Inoltre essendo i prodotti agricoli ottenuti non venduti nella loro zona d’origine vi sono altre spese energetiche notevoli per il trasporto con autoveicoli pesanti a gasolio per lo più. Raramente oggigiorno il prodotto agricolo è consumato con poche trasformazioni bensì è consumato per lo più dopo essere stato o raffinato e manipolato nelle industrie alimentari (con costi anche del 300% rispetto agli input agrocolturali) o convertito in prodotti zootecnici con coefficienti di conversione bassi.
In entrambi i casi specie per la zootecnia i cui prodotti andranno incontro ad altri processi di trasformazione il rapporto energia spesa energia ottenuta (EROEI) è inferiore ad uno.
Vi sono gravi conseguenze: sprechi d’energia, l’agricoltura perdendo il suo rapporto col territorio non è più auto-sostenibile; di più, ho conseguenze anche a livello economico, alti costi di produzione uniti ad un valore aggiunto che il prodotto genera nella filiera di trasformazione e commercializzazione non spendibile in loco nell’ambiente rurale, facendo sì che aumenti la distanza tra il livello medio di reddito pro-capite delle campagne e il livello di reddito pro-capite urbano ben più alto, ho l’assottigliarsi del profitto per il coltivatore diretto; il non coincidere e l’allontanarsi del concetto di produttività con la fertilità d’un suolo agricolo.
L’apporto di flussi ausiliari d’energia sottoforma d’interventi agrocolturali, concimi sintetici e antiparassitari vari, ha come conseguenza la mancata rotazione colturale.
Nel breve termine non ve ne si sente l’esigenza potendo sopperire grazie all’apporto dei geo-disinfestanti e pesticidi vari che contrastano i ripetuti attacchi parassitari e virali (direttamente proporzionali al numero d’anni in cui la coltura è succeduta a se stessa) e grazie all’apporto dei concimi sintetici.
L’agricoltura rompe la dipendenza dall’allevamento d’animali che con le loro deiezioni (meglio se dei ruminanti e da stalla) ristabilivano la fertilità del terreno migliorando la quantità di s.organica ricca d’azoto che influenza la struttura.
Infatti apportando sostanza organica si favorisce la formazione di microaggregati migliorando in modo duraturo la struttura del suolo e la sua capacità di scambio cationica e il pH.
L'allevamento stesso aveva bisogno dei prodotti agricoli e l’agricoltura produceva anche in riguardo alla quantità di letame disponibile, di qui un circolo virtuoso che faceva sì che vi fosse un equo sfruttamento della risorsa suolo in pratica facendo coincidere la produttività con la fertilità del terreno.
Inoltre vi è una stretta dipendenza tra aumento d’azoto sintetico e diminuzione del contenuto nutritivo, perchè la pianta avendo maggiori quantitativi d’azoto, fondamentale elemento strutturale e acqua tende ad aumentare le dimensioni cellulari “stirando” la parete cellulare causando due effetti: minore contenuto nutritivo a parità di peso del prodotto e minore rusticità (resistenza al gelo, alla traspirazione, agli attacchi parassitari) con un ulteriore lieve aumento della richiesta d’input.
La pianta in sintesi non è più in equilibrio con il suo microambiente e si creano squilibri nella composizione strutturale, batterica e fungina della sua rizosfera e come conseguenza si ha una minore capacità d’attutire eventi avversi come marciumi e crittogame prima contrastate dai batteri “buoni” (allogami) della rizosfera (Bonciarelli, 1980) e squilibri nutrizionali (vedi idroponica dove mancando del tutto un substrato e la rizosfera radicale bastano lievi variazioni nell’apporto degli elementi nutritivi per apportare grosse perdite) con la necessità d’aumentare la frequenza e tempestività degli interventi agro-colturali creando ulteriori perdite energetiche.
Oggi la moderna agricoltura estensiva e monoculturale (senza rotazione)ottiene da subito elevatissime produzioni che si mantengono negli anni solo grazie all’apporto costante di concimi sintetici e degli altri input, fino a quando le caratteristiche (Csc, pH, struttura del terreno) del terreno non mutano a tal punto da non permettere una produzione accettabile se non aumentando ancora più drasticamente gli input ausiliari.
La resa energetica così si abbassa sempre più e l’EROEI scende.
Il terreno in breve diviene sempre più un semplice substrato della coltura fino a diventare a volte acido e sterile.  La fine della rotazione agricola e lo svincolo del legame agricoltura allevamento portano alle nostre latitudini ad una diminuzione dei prati naturali a gran funzione antierosiva, il terreno è spesso lasciato improduttivo una volta sfruttato al limite (l’Unione Europea dà addirittura sgravi fiscali e contributi se il terreno è lasciato a riposo per evitare il calo dei prezzi) ed è subito preda dell’erosione con perdite di suolo agricolo di circa 24 miliardi di tonnellate di suolo fertile annualmente trascinate dall'acqua nel mare e perse per sempre (Formica, 2002). Nel mondo gran parte della perdita di suolo fertile è dovuta alla pratica della deforestazione (che inoltre  rilascia CO2 in atmosfera dalla combustione della foresta) che fa spazio a monocolture da esportazione con gli stessi effetti descritti e pascoli talmente poveri da non garantire l’accrescimento dei bovini se non per pochi anni, costringendo l’allevatore a occupare a pascoli altro terreno deforestato.
Il concetto di massimizzare l’energia è la base su cui si basa la vita terrestre, l’uomo s’è allontanato da questa regola imposta, grazie all’utilizzo dei flussi d’energia ausiliari accumulati dagli altri regni viventi (petrolio, carbone, metano) ottenendo così grandi vantaggi e riuscendo ad aumentare la propria distribuzione e popolare anche gli aerali meno favorevoli  a scapito degli altri competitori.
Ora il gioco presenta dazio perchè l’equilibrio naturale è irreparabilmente danneggiato.
L’utilizzo come flussi d’energia ausiliari degli idrocarburi ha portato all’accumulo di grandi quantità d’anidride carbonica nell’atmosfera generando un incremento vertiginoso dell’effetto serra con i disastri ambientali annunciati e già in atto.
Con l’utilizzo dei terreni improduttivi poveri con colture da energia rustiche e basse necessità  d’input (energy crop low input ) otteniamo energia attraverso l’utilizzo a scopi energetici della biomassa prodotta e nel contempo proteggiamo il suolo dall’erosione. Essendo colture “low input” ho la riduzione della richiesta energetica che anche di fronte a produzioni non eccelse comporta una buona resa (EROEI, LCA) computandovi la salvezza di suolo produttivo e humus organico e le sue alte capacità d’immobilizzare carbonio, con una diminuzione d’emissioni di CO2 notevole.Il loro limite però è però proprio nelle loro doti c’è il rischio che vengano sfruttate appunto per utilizzare terreni deforestati improduttivi e finiscano col determinare un seppur minimo reddito incentivando quindi proprio la deforestazione e monocoltura estensiva, contrastando l’associazione di pensiero terreno deforestato = terreno improduttivo che seppur in alcuni casi si fa lentamente largo ai tropici.



Tab.1.Colture da energia e consumo in acqua.

(Fao, 2007).

Energy crop
Bisogno d’acqua (mm)
Produzione d’olio (kg/ha)
Mais
400 – 650
145
Cotone
700 – 1300
273
Soia
900 – 1.400
375
Lino
500 – 800
402
Sesamo
200 – 1.800
585
Girasole
20 – 400
800
Arachidi
800 – 1.800
890
Ricino
200 – 430
900
Colza
200 – 500
1.000
Jatropha
600 – 1.200
1.590
Noce di cocco
2.000 – 3.000
2.260
Palma da olio
2.300 – 3.000
5.000


G.N.


 

 

1 commento:

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