La moderna agricoltura estensiva ad alti input energetici usa, con
bassissima efficienza, due delle risorse più importanti e sempre meno
disponibili: petrolio e acqua.
Usiamo i flussi energetici ausiliari per aumentare la produttività
agricola.
L’efficienza energetica delle colture erbacee è intorno a 1 o meno EROEI (www.choren.com).
Tralasciando gli elementi meno importanti essenzialmente sono tre i fattori
limitanti in un terreno agrario: acqua, azoto, ossigeno disponibile.
L’ossigeno a disposizione è in relazione alla macroporosità ottenuta
attraverso le lavorazioni agricole, l’acqua è resa sempre disponibile grazie
all’irrigazione, l’azoto è fornito con l’apporto dei concimi sintetici
inorganici.
Notiamo che le lavorazioni agricole richiedono energia sottoforma di
carburanti derivati dal petrolio, l’irrigazione richiede macchine movimento
acqua alimentate ad energia da fossili, e la sintesi dei concimi richiede petrolio.
In poche parole si è attuata una dissociazione tra l’agricoltura e il suo
territorio.
Una prima incrinatura nel delicato equilibrio si è avuta con la
rivoluzione agraria del guano peruviano e cileno dove concime organico
“fossile” accumulato dagli uccelli delle scogliere cilene e peruviane nel corso
dei millenni era estratto e usato nell’agricoltura determinando rese
elevatissime che salvarono l’Europa dalla carestia dovuta alla
sovrappopolazione per la rivoluzione industriale nell’ottocento.
L’equilibrio si ruppe
definitivamente un pò di tempo dopo quando si scoprirono i concimi sintetici
inorganici che costavano molto meno del guano ed erano quindi molto più
disponibili. La separazione tra
territorio e agricoltura è evidente nel caso delle primizie dove sostituendo a
criteri d’efficienza energetici criteri di mercato si hanno produzioni in
periodi non adatti per quel genere di pianta o in luoghi e ambienti climatici
non idonei.
Inoltre essendo i prodotti
agricoli ottenuti non venduti nella loro zona d’origine vi sono altre spese
energetiche notevoli per il trasporto con autoveicoli pesanti a gasolio per lo
più. Raramente oggigiorno il prodotto agricolo è consumato con poche
trasformazioni bensì è consumato per lo più dopo essere stato o raffinato e
manipolato nelle industrie alimentari (con costi anche del 300% rispetto agli
input agrocolturali) o convertito in prodotti zootecnici con coefficienti di
conversione bassi.
In entrambi i casi specie per la
zootecnia i cui prodotti andranno incontro ad altri processi di trasformazione
il rapporto energia spesa energia ottenuta (EROEI) è inferiore ad uno.
Vi sono gravi conseguenze: sprechi d’energia, l’agricoltura perdendo il
suo rapporto col territorio non è più auto-sostenibile; di più, ho conseguenze anche
a livello economico, alti costi di produzione uniti ad un valore aggiunto che
il prodotto genera nella filiera di trasformazione e commercializzazione non
spendibile in loco nell’ambiente rurale, facendo sì che aumenti la distanza tra
il livello medio di reddito pro-capite delle campagne e il livello di reddito
pro-capite urbano ben più alto, ho l’assottigliarsi del profitto per il
coltivatore diretto; il non coincidere e l’allontanarsi del concetto di
produttività con la fertilità d’un suolo agricolo.
L’apporto di flussi ausiliari
d’energia sottoforma d’interventi agrocolturali, concimi sintetici e
antiparassitari vari, ha come conseguenza la mancata rotazione colturale.
Nel breve termine non ve ne si sente l’esigenza potendo sopperire grazie all’apporto
dei geo-disinfestanti e pesticidi vari che contrastano i ripetuti attacchi
parassitari e virali (direttamente proporzionali al numero d’anni in cui la
coltura è succeduta a se stessa) e grazie all’apporto dei concimi sintetici.
L’agricoltura rompe la dipendenza dall’allevamento d’animali che con le
loro deiezioni (meglio se dei ruminanti e da stalla) ristabilivano la fertilità
del terreno migliorando la quantità di s.organica ricca d’azoto che influenza
la struttura.
Infatti apportando sostanza organica si favorisce la formazione di
microaggregati migliorando in modo duraturo la struttura del suolo e la sua
capacità di scambio cationica e il pH.
L'allevamento stesso aveva bisogno
dei prodotti agricoli e l’agricoltura produceva anche in riguardo alla quantità
di letame disponibile, di qui un circolo virtuoso che faceva sì che vi fosse un
equo sfruttamento della risorsa suolo in pratica facendo coincidere la
produttività con la fertilità del terreno.
Inoltre vi è una stretta dipendenza tra aumento d’azoto sintetico e
diminuzione del contenuto nutritivo, perchè la pianta avendo maggiori
quantitativi d’azoto, fondamentale elemento strutturale e acqua tende ad
aumentare le dimensioni cellulari “stirando” la parete cellulare causando due
effetti: minore contenuto nutritivo a parità di peso del prodotto e minore
rusticità (resistenza al gelo, alla traspirazione, agli attacchi parassitari)
con un ulteriore lieve aumento della richiesta d’input.
La pianta in sintesi non è più in equilibrio con il suo microambiente e
si creano squilibri nella composizione strutturale, batterica e fungina della
sua rizosfera e come conseguenza si ha una minore capacità d’attutire eventi
avversi come marciumi e crittogame prima contrastate dai batteri “buoni”
(allogami) della rizosfera (Bonciarelli, 1980) e squilibri nutrizionali (vedi
idroponica dove mancando del tutto un substrato e la rizosfera radicale bastano
lievi variazioni nell’apporto degli elementi nutritivi per apportare grosse
perdite) con la necessità d’aumentare la frequenza e tempestività degli
interventi agro-colturali creando ulteriori perdite energetiche.
Oggi la moderna agricoltura
estensiva e monoculturale (senza rotazione)ottiene da subito elevatissime
produzioni che si mantengono negli anni solo grazie all’apporto costante di
concimi sintetici e degli altri input, fino a quando le caratteristiche (Csc,
pH, struttura del terreno) del terreno non mutano a tal punto da non permettere
una produzione accettabile se non aumentando ancora più drasticamente gli input
ausiliari.
La resa energetica così si abbassa
sempre più e l’EROEI scende.
Il terreno in breve diviene sempre più un semplice substrato della
coltura fino a diventare a volte acido e sterile. La fine della rotazione agricola e lo
svincolo del legame agricoltura allevamento portano alle nostre latitudini ad
una diminuzione dei prati naturali a gran funzione antierosiva, il terreno è
spesso lasciato improduttivo una volta sfruttato al limite (l’Unione Europea dà
addirittura sgravi fiscali e contributi se il terreno è lasciato a riposo per
evitare il calo dei prezzi) ed è subito preda dell’erosione con perdite di
suolo agricolo di circa 24 miliardi di tonnellate di suolo fertile annualmente
trascinate dall'acqua nel mare e perse per sempre (Formica, 2002). Nel mondo
gran parte della perdita di suolo fertile è dovuta alla pratica della
deforestazione (che inoltre rilascia CO2
in atmosfera dalla combustione della foresta) che fa spazio a monocolture da
esportazione con gli stessi effetti descritti e pascoli talmente poveri da non
garantire l’accrescimento dei bovini se non per pochi anni, costringendo
l’allevatore a occupare a pascoli altro terreno deforestato.
Il concetto di massimizzare l’energia è la base su cui si basa la vita
terrestre, l’uomo s’è allontanato da questa regola imposta, grazie all’utilizzo
dei flussi d’energia ausiliari accumulati dagli altri regni viventi (petrolio,
carbone, metano) ottenendo così grandi vantaggi e riuscendo ad aumentare la
propria distribuzione e popolare anche gli aerali meno favorevoli a scapito degli altri competitori.
Ora il gioco presenta dazio perchè l’equilibrio naturale è
irreparabilmente danneggiato.
L’utilizzo come flussi d’energia
ausiliari degli idrocarburi ha portato all’accumulo di grandi quantità d’anidride
carbonica nell’atmosfera generando un incremento vertiginoso dell’effetto serra
con i disastri ambientali annunciati e già in atto.
Con l’utilizzo dei terreni improduttivi poveri
con colture da energia rustiche e basse necessità d’input (energy crop low input ) otteniamo
energia attraverso l’utilizzo a scopi energetici della biomassa prodotta e nel
contempo proteggiamo il suolo dall’erosione. Essendo colture “low input” ho la
riduzione della richiesta energetica che anche di fronte a produzioni non
eccelse comporta una buona resa (EROEI, LCA) computandovi la
salvezza di suolo produttivo e humus organico e le sue alte capacità
d’immobilizzare carbonio, con una diminuzione d’emissioni di CO2 notevole.Il loro limite però è però proprio nelle loro doti c’è il rischio che
vengano sfruttate appunto per utilizzare terreni deforestati improduttivi e
finiscano col determinare un seppur minimo reddito incentivando quindi proprio
la deforestazione e monocoltura estensiva, contrastando l’associazione di pensiero
terreno deforestato = terreno improduttivo che seppur in alcuni casi si fa
lentamente largo ai tropici.
Tab.1.Colture da energia e
consumo in acqua.
(Fao, 2007).
Energy crop
|
Bisogno d’acqua (mm)
|
Produzione d’olio
(kg/ha)
|
Mais
|
400 – 650
|
145
|
Cotone
|
700 – 1300
|
273
|
Soia
|
900 – 1.400
|
375
|
Lino
|
500 – 800
|
402
|
Sesamo
|
200 – 1.800
|
585
|
Girasole
|
20 – 400
|
800
|
Arachidi
|
800 – 1.800
|
890
|
Ricino
|
200 – 430
|
900
|
Colza
|
200 – 500
|
1.000
|
Jatropha
|
600 – 1.200
|
1.590
|
Noce di cocco
|
2.000 – 3.000
|
2.260
|
Palma da olio
|
2.300 – 3.000
|
5.000
|
G.N.
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