sabato 30 maggio 2015

FAGIOLO ALATO ( Psophocarpus tetragonolobus)


Fagiolo Alato( Psophocarpus tetragonolobus).

Famiglia Fabaceae


Classificazione (Usda, 2007).

Regno
Plantae – Piante
Sottoregno
Tracheobionta – Piante vascolari
Superdivisione
Spermatophyta – Piante a seme
Divisione
Magnoliophyta – Piante a fiore
Classe
Magnoliopsida – Dicotiledoni
Sottoclasse
Ordine
Fabales  -
Famiglia
Fabaceae – Leguminose                                                  
Genere
Phaseolus L. – fagiolo
Specie
Phaseolus tetragonolobus – fagiolo alato;Winged bean.

Un ottima leguminosa erbacea da intercropping per sistemi agroforesty.

Molti legumi tropicali sono adatti a sistemi d’agroforesty policolturali infatti possono essere associati ad essenze arboree oleaginose ad elevata produzione e se piantate nell’interfila assicureranno un reddito e una fonte di sostentamento all’agricoltore, e non ultimo fisseranno l’azoto al terreno rendendolo disponibile alle oleaginose. Ciò finchè le essenze arboree non chiuderanno l’interfila con la loro chioma. Ma se i sesti d’impianto sono più radi e l’obbiettivo colturale non è vendere l’olio ma l’autosufficienza, che può essere di tre tipi: alimentare; materiale se usato per produrre ad esempio saponi; energetica se usato puro  nei motori per produrre energia (motori blister) elettrica o meccanica. Una delle leguminose tropicali più promettente da questo punto di vista è il fagiolo alato. Originario del Madagascar e estesamente coltivato nel subcontinente Indiano. Specie simile è il p.palustris. E’ principalmente coltivato per la produzione di fagioli freschi ma ha la caratteristica di produrre buone quantità di semi unità alla produzione di una grande quantità di tuberi radicali. Inoltre si mangiano le foglie e i germogli, ed è un ottima azotofissatrice. Una caratteristica che ne limita l’uso è la non adattabilità allo stato attuale alle zone aride dove pretende d’essere irrigata.
La produzione in semi è di 2-3 tonnelate a ettaro con il 20% in olio, il 36% in proteine e il 40% in carboidrati. L’olio estratto dai semi è di ottima qualità ed è composto da oleico (39%), linoleico (27,2%), behenico (13,4), stearico (6%). La produzione  di tuberi raggiunge a fine ciclo le 10 t/ha con una composiione percentule degli stessi in media del 70% in amido e 18% proteine. L’olio ha caratteristiche molto simili a quello di soia ed è usato sia come alimento che per la fabbricazione di sapone o per l’illuminazione in rudimentali candele. Dall’amido dei suoi semi viene preparato tramite fermentazione il popolare tempeh, famosa salsa indonesiana.

I panelli di sansa sono ideali come foraggio. In Nuova Guinea le radici tuberizzate sono consumate crude o bollite. La piante intere trinciate sono utilizzate come pacciamante e fertilizzante.
A causa della notevole nodulazione il fagiolo alato è considerato un ottima azotofissatrice atta a ripristrinare la fertilità del terreno. Alcune esperienze hanno evidenziato notevoli incrementi di resa (fino al 50%) della canna da zucchero in successione con il fagiolo alato.
Spesso è consociata con taro, riso, banana e patata dolce. E’ usata anche come copertura per l’albero della gomma. Ha usi medicinali. Si comporta da pianta perenne ma è usata come specie annuale. Richiede una pluviometria minima annua minima di 1.500 mm, fino ad un massimo di 4.000mm (Casini, 2003). Se soggetta a miglioramento genetico potrebbe regalare in futuro soddisfazioni in un sistema d’agroforesty orientato all’autosufficienza energetica in una situazione di sviluppo rurale marginale ed isolamento produttivo, data la caratteristica di migliorare la fertilità del suolo e ad un probabile uso direttamente come pianta da bioenergico  sia per olio per energia dai semi che etanolo dai suoi semi e tuberi che contengono un elevato quantitativo d’amido (tab 7.5.1).
Caratteristica importante il genere contiene una specie con altissimo contenuto di rotenone nei tuberi la P.lecomte. Il rotenone è un potente insetticida, ciò farebbe diminuire di molto gli attacchi parassitari alla coltura. Potrebbe essere interessante valutarne il miglioramento genetico per uso nel settore come “no food crops”.

Tab 7.5.1 Composizione percentuale della pianta del fagiolo alato.(Casini, 2003).

%
Legumi immaturi
Semi
Tuberi
Foglie
Olio
0,2-0,3
13,1-19,1
----
1,1
Carboidrati
3,1-3,8
25,2-32
27-30,5.
3
Proteine
1,9-2,9
32-41
4,7-20
5,7


    

giovedì 28 maggio 2015

PALMA BABASU

Palma Babasù (Orbignya barbosiana Burret).



Famiglia Arecaceae.
Orbignya barbosiana Burret
Sinonimi: Attalea speciosa C.Martius, Orbignya speciosa Barb.Rodr.
Vi sono 55 generi nelle areacaceae e 2 specie in Orbignya.

Regno
PlantaePiante
Sottoregno
TracheobiontaPiante vascolari
Superdivisione
SpermatophytaPiante a seme
Divisione
MagnoliophytaPiante a fiore
Classe
LiliopsidaMonocotiledoni
Sottoclasse
Ordine
Famiglia
Arecaceae – famiglia delle palme
Genere
Specie


Sinonimi comuni:
 Orbygnia martiana Barb. Henderson. (1995), si considerino O. phalerata Mart. ed  O. Barb.Mart. Rodr, come sinonimi di Attalea speciosa Mart. ex Spreng. Nomi comuni e indigeni: babaçu, babasù, shapaja, cusi, catirina, bagassú, coco de macaco, l'aguassú. Portoghese: babaçú. Inglese: babassu palm.

Origine e distribuzione geografica:
Le formazioni più dense sono negli stati brasiliani e nord orientali di Maranhão e Piaui.
Distribuito estesamente in tutta l'area amazzonica. Probabile origine nelle zone di transizione dal Cerrados alle zone limitrofe andine.

Status: selvatico, quasi sempre raccolto da piante spontanee, poco coltivato.

Descrizione:  
La Orbignya barbosiana è una palma tropicale  che può raggiungere anche i 20 m di altezza ed è di grande valore economico, poiché se ne possono sfruttare diverse parti(Fonte:Ciat). E’ palma androdioica, a singolo tronco, altezza max 30 metri. Propagazione da semi. Il calore migliora  la percentuale di germinazione. Ogni palco fruttifero pesa 15-90 Kg ed è costituito da 200-600 frutti. Frutto ellittico  oblungo 6-12 cm x  4-10 cm, peso secco variabile da 40 a 440 grammi a seconda delle varietà.

Usi:
Ogni parte della pianta è usata, con un valore economico di 85.000.000 $ nello Stato del Maranhão. L’uso principale è l'estrazione d’olio, simile all'olio di cocco o palma, di non alta qualità ma usato tradizionalmente ad uso alimentare e oggi principalmente per ottenere biodiesel e sapone.

La produzione d'olio per ettaro  è bassa tra i 90 e 150 kg per anno ma oggi il trend è in crescità in quanto miglioramento genetico sta dando i suoi frutti in Brasile sotto l’auspicio del  governo brasiliano. La composizione e le caratteristiche meccanico-fisiche e chimiche dell'olio di babacu sono in tutto e per tutto paragonabili all'olio di cocco. Il seme è mangiato fresco. L'endocarpo è usato per fare carbonella. Il mesocarpo è una fonte d’amido per l'alimentazione degli animali e per la produzione d'alcol.
Le giovani piante danno dell'ottimo palmito. Le foglie sono usate per coprire i tetti delle capanne rurali e come fibre per canestri, tappezzeria, e reti. Le foglie tenere attorno la gemma sono usate come foraggio.(Referenze: Fouqué, 1972; al di et di Henderson., 1995; al di et di Martin., 1987; al di et di Villachica., 1996). Il mesocarpo del babaco contiene oltre il 60% d'amido sul peso secco che può essere usato sia per l'alimentazione animale che per produrre bioetanolo. La cake residuale dell'estrazione dell'olio è usata nell'ingrasso degli animali. Le piante giovani sono anche usate per la produzione di palmito. Il frutto contiene ben il 66% d'olio estraibile con qualità molto simili al comune olio di palma tradizionale (Eleaeis Guineensis).
La buona resa in etanolo unita all’alto contenuto in olio dei semi d'altronde fa presupporre un doppio uso sia come pianta da olio per biodiesel sia come pianta da bioetanolo e fornire quindi entrambi i reagenti necessari alla produzione del bioestere.  In effetti data la rusticità e la sua diffusione allo stato selvatico in alcuni stati brasiliani si potrebbe usare la pianta in un regime d'agroforesty complesso che porti all'utilizzo contemporaneo della pianta e dei suoi sottoprodotti per l'alimentazione umana, animale e insieme fornire energia all'azienda. Progetti d'agroforestry complessi uniti allo sfruttamento agricolo su grande scala sono per altro già allo studio in Brasile. Si cerca sopratutto di sfruttare la doppia funzione del babassu sia come pianta da biodiesel che come pianta da bioetanolo. Per questo si cerca di meccanizzare la coltura.
Questa palma rientra a pieno titolo insieme al ricino o ‘manoma’, all'olio di palma o olio di dendè, e in parte alla soia che si preferisce destinare principalmente all'esportazione per usi alimentari o zootecnici dato il buon prezzo di mercato che quest’ultima detiene
  (www.estadao.com/agronegocios, 2007), nel programma di sviluppo bioenergetico brasiliano. Questo  prevede di passare entro il 2008 al 2% di biodiesel addizionato al gasolio e nel 2013 al 5% di biodiesel, in tal modo la produzione totale di biodiesel brasiliano che s'aggirava nel 2005 sul migliaio di litri dovrà raggiungere nel 2008 le 800 migliaia di litri e nel 2013 la cifra di 2,4 milioni di litri (www.estadao.com/agronegocios, 2004). Da qui l'enorme interesse per questa palma nativa delle zone interne brasiliane.


G.N.

martedì 26 maggio 2015

FIORI EDULI A TEZONAPA



Ecco alcune delle piante studiate nella zona di Tezonapa

                         Nell'immagine: il Tepejilote

Astrocaryum Mexicanum
                                         
Palma monocaule che cresce nel territorio limitrofo al Golfo del Messico, Belize, Guatemala del Nord, El Salvador, Nord Honduras, Nordest Nicaragua.
L’habitat ideale per questa specie è la foresta umida tropicale di bassa montagna.
Descrizione
Il tronco cresce fino a 2 metri e mezzo con un diametro di 40 cm.
Vuole suolo fertile e constantemente umido.
Il fiore è bianco giallastro.
Usi.
Il fiore e il frutto sono comunemente consumati nell’area.
Il fusto è usato come materiale edile per capanne o abitazioni rurali essendo flessibile e resistente mentre con le foglie vengono fatti i tetti. E’ pianta ornamentale specialmente se piantata in gruppo. L’infiorescenza emerge da un grande spadice marrone scuro. La foglia appare a margine intero lanceolata da giovane mentre invece tende a fessurarsi per azione del vento col passare del tempo (Riffle, 1999).



Il Tepejilote – Chamedorea tepejilote

Tab.13 - Classificazione botanica
Regno
Plantae (Piante)
Sottoregno
Tracheobionta (Piante vascolari)
Superdivisione
Spermatophyta (Piante con semi)
Divisione
Magnoliophyta (Piante con fiori)
Classe
Liliopsida (Monocotiledoni)
Sottoclasse
Arecidae
Ordine
Arecales
Famiglia
Arecaceae
Genere
Chamaedorea Willd.
(USDA, 2010).

Il nome Chamaedorea deriva dal greco "chamai= nano" e "dory=albero
o fusto d’albero" questo per indicare il grande numero di specie di
piccola taglia presenti in questo genere.(http://www.homolaicus.com).
Descrizione.
Palma con fusto unico eretto, alto 3-4 m, di 1,5-3 cm di diametro, con nodi abbastanza pronunciati, internodi lunghi 5-20 cm. Foglia pinnata, lunga 60-105 cm;


con 15-20 foglioline  riunite in gruppi alterni di 2-4, leggermente falcate, con apice acuminato, lunghe 20-40 cm e larghe 4-6 cm. Infiorescenza intrafogliare, la maschile lunga 20-30 cm, la femminile, generalmente meno ramosa, lunga 15-30 cm. Frutto da globoso a ovoidale, lungo 8-12 mm e 7-9 mm di diametro, di colore nero a maturazione. Fiorisce da giugno a ottobre. Cresce nella foresta mediana sub-perennifoglia tra 500 e 1250 m s.l.m. È specie endemica del Messico (Veracruz, Oaxaca). Volgarmente viene chiamata  Pacaya in Guatemala e Pacaya Palm negli
Stati Uniti. Viene utilizzata come pianta ornamentale o se ne utilizzano le foglie per composizioni floreali e se ne mangiano i fiori. Quest’ultimo uso sembra legato alla civiltà  Maya dato che è diffuso in Guatemala e nel Sud del Messico.
L’infiorescenza dal colore giallo raccolta in uno spadice verde chiaro viene chiamata ‘‘Pacaya’’ in Guatemala dove è consumata solo la maschile.
 Sempre in Guatemala è consumato un piatto denominato “bojon” costituito dalle giovani  gemme fiorali raccolte in un precoce stadio fisiologico che fa sì che il  sapore sia più dolce e soave. Del genere Chamaedorea segnaliamo l’utilizzo della Chamaedoroea quezalteca e Chamaedorea whitelockiana le cui infiorescenze in altre parti del paese si mangiano allo stesso modo (López  R., G.F. 1990).
 Con il termine popolare di Tepejilote nella regione centrale dello stato di Veracruz s’identifica la Chamaedorea tepejilote appartenente al subgenere stephanostachys. Le infiorescenze di questa palma si mangiano dopo bollitura, impanate, fritte o conservate in aceto. Per tradizione viene consumata solo l’infiorescenza maschile e più raramente la femminile più amara.  


Le palme e il genere Chamaedorea.
Le palme (Fam. Arecaceae) sono rappresentate da circa 220 generi, con circa 3000 specie (McCurrach J. C, 1976). Sono piante tipiche delle zone tropicali, mentre nelle regioni a clima temperato sono presenti poche specie.
Di particolare interesse è il genere Chamaedorea, con oltre 120 specie. Le piante di questo genere vengono chiamate palme minori, dato il loro sviluppo modesto rispetto a quello di altri generi di palme di notevoli dimensioni (Hodel D. R., 1992).
 L'ambiente naturale di questo genere è costituito dai sottoboschi delle foreste subtropicali umide che si estendono nella fascia che va dall'Oceano Atlantico al Pacifico. La maggior parte delle specie è presente in Bolivia, Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Panama e Perù (Garcia-Bielma 1994). È interessante notare che oltre il 40% delle specie conosciute vive in Messico e Guatemala. In Messico vivono oltre 50 specie, di cui 17 nel solo stato di Veracruz (Rzedowski J.1978).  Alcune specie di Chamaedorea sono coltivate e apprezzate in tutto il mondo come ottime piante per l'arredo di spazi all'interno di case, uffici, centri commerciali; nei giardini molto spesso vengono utilizzate per la realizzazione di angoli particolarmente decorativi.
In natura, comunque, molte specie di Chamaedorea sono in regressione ed alcune di esse addirittura in via di estinzione. Per tale motivo gli orti botanici di tutto il mondo tendono a coltivare rappresentanti di questo genere, contribuendo in tal modo alla loro conservazione e protezione (Vovides A. P.1994).
Minacce per le specie selvatiche
La regressione delle specie selvatiche di camadorea nello stato di Veracruz è dovuta essenzialmente a due cause: la richiesta crescente di terreni da coltivare, per cui vengono tagliate le foreste per disporre di nuovi spazi da utilizzare a fini agricoli, e la notevole utilizzazione delle camedore (C.elegans da foglia e C.tepejilote da fiore) da parte delle popolazioni locali per scopi alimentari o commerciali. Di alcune specie si utilizzano a scopo alimentare le infiorescenze non ancora aperte o mature. Di altre i fusti, che vengono tagliati, ripuliti dalle foglie e intrecciati per ricavarne cesti, nasse per catturare gamberi e tartarughe di fiume, oppure le foglie per fare addobbi e composizioni floreali.

Infine, di molte specie, le più ornamentali, si raccolgono indiscriminatamente grossi quantitativi di semi che vengono venduti a vivaisti di tutto il mondo per la produzione di piante.
Da una indagine effettuata è emerso che ogni giorno, all'interno della selva messicana, vengono tagliate oltre 1 milione di foglie e raccolti circa 200 kg di semi di camedoree, senza calcolare il taglio delle piante intere per utilizzarne i fusti. Chiaramente, negli ambienti naturali, mancando i semi, si riduce di molto il ricambio delle vecchie generazioni con nuove piantine e ciò porta alla regressione delle specie, se non alla loro scomparsa (Saldivia et al 1982)
Ci si augura che presto vengano adottate in tali aree del Messico strategie ecocompatibili che consentano una migliore utilizzazione delle risorse naturali, senza ricorrere alla metodica distruzione del patrimonio vegetale preesistente.
La raccolta nell’ejido di Atitla de Garcia Cubas.
Il più importante uso di questa specie di Chamaedorea (Fig.71)  fatto dalla popolazione locale è il consumo delle  infiorescenze maschili dette Tepejilote.
Il tepejilote è un ortaggio popolare e importante, consumato crudo o cotto e venduto nei mercati. Va raccolto prima che l’infiorescenza dal bianco candido esca dal coriaceo tegumento coriaceo e dal verde vivace che la riveste. In questa fase appare come una spiga di grano. Per la raccolta dell’ infiorescenza del tepejilote la pianta fiorisce una volta all’anno essendo l’epoca di fioritura a fine di novembre e si estende fino gennaio e  febbraio. Posteriormente appaiono a scalare nell’infiorescenza dei piccoli frutti di colore verde che virano ad un colore sempre più scuro fino al mese di agosto dove finalmente sono maturi. I fiori sono raccolti manualmente con un coltello dalla punta ricurva prima che si schiudano dopo che sono emersi dal caule centrale ma ancora sono racchiusi dallo spadice protettivo. Più la raccolta verrà posticipata più il sapore sarà amaro e il fiore assumerà una tinta verde dal giallo orginale ma tuttavia le dimensioni saranno di gran lunga maggiori. Da notare che dalle testimonianze da me raccolte sembra che la concimazione se applicata può dare grossi risultati in termini di aumento di peso dell’infiorescenza a parità di grado di maturazione.
Un altra cosa molto importante e che purtroppo la raccolta di fiori e la raccolta di foglie per scopi ornamentali sono tra di loro inconciliabili almeno sulla stessa



pianta dato che gli agricoltori sostengono che la foglia perde in quantità e qualità se si fa sviluppare l’infiorescenza quel tanto che basti per il consumo.
Stessa cosa naturalmente va detta a riguardo della raccolta del seme (fig.72)
per la quale gli agricoltori lasciano andare a frutto le palme che reputano migliori a prima acchitto basandosi sulla fisionomia e grandezza in rapporto all’età.
Abbiamo constatato come gli agricoltori nell’ejido di Tezonapa usano la lotta chimica contro soprattutto malattie fungine e nematodi, tutto questo però all’interno di agroecosistemi dall’incredibile biodiversità. Sono ex càfetales (piantagioni di caffè)
riconvertiti alla produzione di camaedora da foglia e da fiore, C.elegans e C.tepejilote. Questa palma convive o ha sostituito il caffè nelle piantagioni che sono state riconvertite alla nuova coltura. Entrambe le piante prediligono condizioni di ombreggiamento e il recente calo del  prezzo internazionale del caffè ha fatto si che si attuasse questa conversione in tempi brevi..

L’aspetto della zona di coltivazione è gradevole grazie all’elevata biodiversità di questo agroecosistema, tanto che l’ejido sta prendendo in considerazione le possibilità legate all’ecoturismo.

G.N.

sabato 23 maggio 2015

EUCALIPTO (Eucalyptus spp.)


L'Eucalipto (Eucalyptus spp.)


Famiglia Myrtaceae.


Vi sono 32 generi in Myrtaceae e 284 specie in Eucalyptus.

Classificazione (Usda, 2007):

Eucalyptus spp. 
Regno.
Plantae – Piante
Sottoregno.
Tracheobionta – Piante vascolari
Superdivisione.
Spermatophyta – Piante a seme.
Divisione.
Magnoliophyta – Piante a fiore.
Classe.
Magnoliopsida – Dicotiledoni.
Sottoclasse.
Ordine.
Famiglia.
Genere.
Eucalyptus L'Hér.–Eucalipto


Eucalyptus è un genere principalmente arboreo che domina la flora arborea Australiana. Vi sono più di 284 specie d’Eucalipto, di solito natie d’Australia, tranne alcune specie trovate in parti adiacenti alla Nuova Guinea e all’Indonesia ed una nel nord delle Filippine. L'Eucalipto può essere trovato in pressoché ogni parte del continente australiano, adattato a tutte le sue condizioni climatiche; infatti, nessun altro continente è caratterizzato così da un solo genere di albero come l'Australia lo è dall' eucalipto.
E' noto come albero resinifero per la sua tendenza a trasudare linfa  da eventuali ferite. Un eucalipto può essere a maturità di grandi o piccole dimensioni quasi arbustive a seconda della specie. Il genere ha un altissima variabilità genetica presente al suo interno. Vi sono, infatti,  284 specie.
 Un olio essenziale presente nelle foglie dell'eucalipto (principalmente eucaliptolo) contiene disinfettanti naturali che possono essere tossici se in gran quantità anche per lo strato più superficiale del suolo e le altre piante. Molti erbivori marsupiali,  koala e opossum si sono adattati e ne sono tolleranti. L’ eucalipto produce molto nettare, cibo per molti insetti. Alcune specie d'eucalipto hanno l'abitudine di lasciare cadere rami interi a mano che crescono se sotto stress idrici. Le foreste d’eucalipto denotano una spessa lettiera di rami morti e foglie. Il “Papuan-australian eucalyptus gum ghost” è stato chiamato anche “creatore di vedove”, a causa dell'alto numero di persone che uccide sotto il peso dei suoi densi rami. Si pensa che gli alberi facciano cadere i rami molto grandi per conservare l'acqua durante i periodi siccitosi. Tra foglie e rami il sottobosco in una foresta d'eucalipti è in pratica inesistente.
Nei giorni caldi la resina dell'eucalipto vaporizza ed emerge come una nebbia sopra la chioma della foresta dando una foschia blu caratteristica del paesaggio australiano. L'olio d’eucalipto è infiammabile, così come la corteccia che regolarmente si sfalda in strisce lungo il tronco che prendono facilmente fuoco. Ciò è una strategia dell'Eucalipto per evitare competitori nel suo habitat, infatti, l'eucalipto s'adatta molto bene ai fuochi periodici e li usa per la sua espansione e rigenerazione.
L'eucalipto si è evoluto 35 o 50 milioni d’anni fa, ma era un genere secondario e la foresta  arborea australiana era costituita prevalentemente da acacie e casuarine potenti azoto-fissatrici. L'arrivo dell'uomo sul continente australiano e l'aumento dei casi d’incendi sporadici causati dall'uomo insieme al riscaldamento terrestre e all'impoverimento di nutrienti del suolo permise al genere eucalipto di divenire dominante nel 70% della foresta australiana. L'eucalipto ha molti usi che ne fanno un albero economicamente importante.
 A causa della  crescita veloce il primo prodotto principale è il legno sia come legna da ardere, monili sia come pasta cellulosica. La crescita veloce inoltre lo rende appropriato anche come frangivento. La resina e l’olio essenziale delle foglie sono usati invece come antisettici e nell'industria.
L'Eucalipto assorbe un ammontare tremendo d'acqua dal suolo attraverso il processo di traspirazione. Sono stati piantati in zone con falda freatica superficiale per abbassarla e permettere la coltivazione d’altre specie.Sono salino-tolleranti e acidofili. S'usano per rimuovere acquitrini in zone malariche. L'olio d'eucalipto è prontamente distillato in corrente di vapore dalle foglie e può essere usato per pulire, deodorare ed in quantità molto piccole nel cibo; specialmente nei dolci, e nei decongestionanti delle mucose, inoltre ha  proprietà repellenti per gli insetti (Jahn 1991). Il nettare d’alcuni eucalipti dà miele monofora d’alta qualità.

Piantagione e problemi ecologici.

Gli eucalipti dal 1700 sono stati piantati in diverse parti del mondo e oggi sono molto diffusi in California, Brasile, Ecuador, Etiopia, Marocco, Portogallo, Africa Meridionale, Israele, Galizia ed in Cile. Molte specie sono divenute invasive e stanno provocando problemi notevoli per gli ecosistemi locali.
In Spagna, sono stati piantati in piantagioni da cellulosa,  sostituendo la quercia endemica. Ma a differenza delle essenze arboree locali i boschetti d'eucalipto sono inospitali agli animali e piante selvatiche locali che non si sono adattati a loro, distruggendo il loro habitat. Comunque la loro rapidissima crescita ne fa in ogni modo una coltura da biomassa importantissima. L'Eucalipto anche in bassa concentrazione aumenta il pericolo d'incendi del bosco e disturba l'habitat originario.
Nel 1991 in California l'incendio detto “Oakland Hills Firestorm” che distrusse pressoché 3.000 case ed uccise 25 persone fu alimentato in parte dagli alberi d' eucalipto presenti nell'area vicino alle case.
 Nel  1910 l’eucalipto fu introdotto in Brasile per soddisfare la domanda di legname e l'industria di carbone vegetale. Gli effetti ecologici non furono studiati ed oggi l'Eucalipto diminuisce le disponibilità idriche del terreno a causa del suo alto consumo d’acqua correlato all'imponente crescita in biomassa e alle radici profonde che pescano direttamente dalla falda freatica sottostante (facendola abbassare di livello nelle grandi piantagioni).
Ciò ha trasformato suolo ricco in terreno arido, distrutto la flora natia, mentre ha provocato uno squilibrio nella  catena alimentare favorendo una crescita enorme della popolazione d'alcuni insetti (formiche e termiti).
L’eucalipto fu introdotto in Etiopia nel 1894 o 1895 nella regione della capitale Addis Abeba. S’introdusse quest’essenza arborea per far fronte al disboscamento massiccio dovuto alla domanda di legna da ardere. Il gran vantaggio dell'eucalipto è che è a crescita veloce, richiede poca attenzione e quando è tagliato ributta di nuovo; dando raccolto ogni dieci anni. In poco tempo l'eucalipto sostituì molte specie locali e diminuì le risorse idriche di molti suoli.
Si creò una forte opposizione popolare che impose l'abbattimento delle nuove essenze e la loro sostituzione con alberi di gelso, ma nonostante ciò  non si riusci mai a sradicare del tutto l'eucalipto che rimane oggi un'importante caratteristica paesaggistica dell'area intorno Addis Abeba (Brooker, 2001).
Le specie d’eucalipto più usate per la produzione di biomassa sono ai tropici la Eucalyptus grandis e la Eucaliptus tereticornis,mentre la E.globulus e la E. camaldulensis per le zone temperate.
 E.grandis domina allo stato selvatico tra le specie d'eucalipto in Brasile, l'E.ereticornis in India, l'E.globulus in Spagna e Portogallo, il camaldulensis è diffuso in Marocco. La Eucalyptus citriodora è sempre più in espansione in Cina.

In Brasile vi sono 2.500.000 ha ad E.grandis,  470 ha in Sud Africa a E.globulus. La resa produttiva è di 50 t/ha all'anno in Brasile per la Eucalyptus grandis. Il valore energetico del legno è di 19 Mj/kg. Il legno ha il 30% d’umidità.
In Europa l’E. camaldulensis e l’E. globolus sono piantate e amministrate secondo la short rotation forestry in sesti a 20.000 piante per ha dando rese di 20 t/ha/a con costanza assoluta mentre nello stesso ambiente una short rotation forest di pino ad esempio produce 2 t/ha/a. E’ stato stimato che una piantagione d'eucalipto converta in legno la CO2 assorbita meglio che una foresta pluviale tropicale a parità di superficie (Turner, 1987).
 La pasta di legno una volta processata libera grandi quantità di resina dall’alto potere calorifico che è usata sempre più per alimentare il processo di trasformazione del legno.
Se l'eucalipto è adeguatamente concimato non sembra causi affatto impoverimento del suolo come molte fonti riportano secondo la Fao.
Anzi migliora, per alcuni ricercatori, l'ecosistema ove risiede (Fao REU, 1999).
 Anche l’eccessivo prelievo dalle falde idriche è contestato in questo compendio sul bioenergico pubblicato dalla FAO, ove sembra simile a qualsiasi altra pratica agro-colturale nonostante il loro profondo apparato radicale che raggiunge i 30 metri sotto il suolo. Secondo la FAOo l'eucalipto ha esigenze idriche simili alle altre essenze arboree ad esempio della flora mediterranea, solo che crescendo 10 volte tanto rispetto al pino ad esempio ha bisogno molta più acqua, di qui l'illusione che vi sia uno spreco d'acqua. Inoltre l'eucalipto vive in zone compromesse a livello idrologico con falde freatiche profonde e aridità, zone che senza questi alberi sarebbero ancora più inospitali e a rischio frane, erosioni e smottamenti.
 Da qui l'invito della FAO ad un accorta gestione d'un genere arboreo d'incredibile importanza per produzione e qualità della biomassa prodotta.

G.N.